Le prossime mosse dello zar Putin
Di Thomas L. Friedman
ZURIGO – Il mese scorso, l’ex Segretario di Stato americano Hillary Clinton, aveva affermato che l’attacco all’Ucraina del presidente russo Vladimir Putin, in apparenza condotto per difendere i russofoni della zona, assomigliava da vicino a «quello che Hitler aveva fatto negli anni Trenta» – ovvero sfruttare i vicini di etnia tedesca per giustificare le invasioni dei Paesi confinanti. Allora avevo pensato che un simile paragone fosse esagerato. Non lo penso più. Mi sentirei di appoggiare il paragone di Hillary Clinton anche solo per lo shock che esso suscita: attirerebbe l’attenzione sulle azioni terribili che Putin sta compiendo contro l’Ucraina, per non parlare di quelle che compie nel suo Paese, il cui rating è sceso al livello di junk, spazzatura.
Il modo in cui Putin usa truppe russe con uniformi senza insegne per invadere l’Ucraina e appoggiare in segreto i ribelli ucraini comprati e pagati da Mosca – il tutto camuffato da una ragnatela di bugie che avrebbe fatto arrossire Joseph Goebbels, il propagandista nazista, al solo scopo di distruggere il movimento riformatore ucraino prima che questo possa creare un modello democratico capace di attirare i russi più della cleptocrazia di Putin – è la più orrenda aggressione geopolitica in corso nel mondo di oggi.
L’Ucraina è importante – ancor più della guerra in Iraq contro lo Stato Islamico, o ISIS. Non è ancora chiaro se la maggior parte dei nostri alleati nella guerra contro l’ISIS condividono i nostri valori. Qul conflitto include un grande fattore tribale e settario. È lapalissiano, invece, che i riformatori ucraini appartenenti al governo e al parlamento eletti da poco – che faticano a liberarsi dall’influenza russa e diventare parte della comunità democratica e del mercato dell’UE – condividono i nostri valori. Se Putin il Bullo riesce a farla franca dopo aver distrutto il nuovo esperimento democratico ucraino e ridisegnato unilateralmente i confini dell’Europa, ogni Paese filo-occidentale nei pressi della Russia sarà in pericolo.
«Putin teme un’Ucraina che chiede di vivere, vuole vivere e continua a vivere basandosi sui valori europei – con una forte società civile, con la libertà di espressione e culto, con un sistema di valori che il popolo ucraino ha scelto e per il quale ha dato la vita» ha detto la scorsa settimana Natalia Jaresko, ministro delle Finanze ucraino, in un seminario sull’Ucraina tenutosi durante il World Economic Forum di Davos, Svizzera.
Gli USA e la Germania hanno agito bene nell’organizzare le sanzioni per la Russia. Se l’amministrazione Obama ha deciso di recente di inviare alcune truppe americane in Ucraina al fine di addestrare la Guardia Nazionale Ucraina la prossima estate, io preferirei che i nostri aiuti militari arrivassero ora, così che l’esercito di Kiev possa difendersi dalle truppe – 9000, secondo le stime – che Putin ha infiltrato in Ucraina.
Inoltre l’Ucraina ha bisogno di 15 miliardi di dollari in prestiti e sovvenzioni per stabilizzare l’economia il prossimo anno, oltre al bailout da parte del Fondo Monetario Internazionale. Gli ucraini si sono scavati una fossa molto profonda con più di 20 anni di corruzione a livelli stellari legata ai vari governi incapaci che Kiev ha avuto dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica. La speranza è ancora viva perché la rivoluzione e le ultime elezioni in Ucraina hanno introdotto una nuova generazione di riformatori, che in fretta stanno trasformando i ministeri e approvando normative sulle tasse e sulla trasparenza. Inoltre stanno accogliendo a braccia aperte i nostri pragmatici benchmark di buon governo come condizione degli aiuti occidentali. Ma se loro raggiungono l’obiettivo, lo stesso deve valere per noi.
Jack Lew, Segretario al Tesoro, si è spostato in tutta Europa questa settimana anche per garantire il pacchetto di aiuti per Kiev. Gli Stati Uniti hanno confermato il loro contributo, ma l’Unione Europea è ancora titubante. Lo scopo di Putin è seminare un’instabilità sufficiente a far sì che l’Occidente ritiri il suo appoggio, condannando così i riformatori ucraini a fallire e perdere consenso. Sarebbe un peccato.
Il finanziere globale George Soros, che sta cercando di favorire le riforme ucraine, ha affermato nel vertice di Davos che «c’è una nuova Ucraina determinata a distinguersi dalla vecchia Ucraina […]. Ciò che la rende unica non è solo la voglia di lottare, ma la volontà di impegnarsi a condurre una serie di riforme radicali. Deve affrontare la vecchia Ucraina che ancora non è sparita […] e deve affrontare un disegno ben preciso del presidente Putin volto a destabilizzarla e distruggerla. Ma la nuova Ucraina è determinata ad affermare la sua indipendenza e vicinanza all’Europa».
I fatti ucraini potrebbero avere un impatto sul prezzo del petrolio. I due attori principali che oggi hanno il potere di alterare i prezzi sono il nuovo re dell’Arabia Saudita, Salman, e lo zar russo, Putin. Se i sauditi decidono di ridurre significativamente la produzione, il prezzo del petrolio salirà. E se Putin decide di invadere del tutto l’Ucraina o, ancora peggio, uno dei Paesi baltici, e mettere alla prova la volontà difensiva della NATO, il prezzo del petrolio salirà. Con la sua economia allo sfascio, il regime di Putin dipende ormai quasi per intero dalle esportazioni di gas e petrolio, e quindi il crollo del prezzo del petrolio gli sta facendo parecchio male. Le probabilità che Putin invada l’Ucraina intera o i Paesi baltici sono basse, ma entrambi gli scenari non sono da escludere.
Scatenare una grande crisi geopolitica con la NATO è un modo facile per Putin di far impennare di nuovo il prezzo del petrolio. Finora gli interventi segreti di Putin in Ucraina non ci sono riusciti. Per riassumere: sul prezzo attuale del petrolio influiranno due uomini – il Re Salman, e la sua abilità nel produrre petrolio, e lo Zar Putin, e la sua abilità nel produrre guai.
Thomas L. Friedman, «Czar Putin’s Next Moves», The New York Times, 28 gennaio 2015