Un’orca a testa in giù

Scoperta l’immagine di un’orca nel deserto

Le linee di Nazca, nel sud del Perù, sono tra i monumenti terrestri più misteriosi del pianeta. Un’immagine di recente scoperta, la più antica in assoluto, potrebbe spiegare in modo definitivo la loro genesi.
Di Berthold Seewald

Fin dalla loro scoperta, negli anni ’20 del secolo scorso, gli enormi disegni tracciati nel deserto costiero del Perù meridionale sono i più spettacolari ed enigmatici ritrovamenti archeologici al mondo. Le cosiddette linee di Nazca – dal nome dei loro creatori – sono state variamente interpretate come calendario, luogo di culto, simboli di orientamento per palloni ad aria calda, o addirittura piste di atterraggio per extraterrestri. Ora una scoperta sensazionale getta una nuova luce sulla genesi di queste immagini.

Gli scienziati della Commissione tedesca per l’archeologia delle culture extraeuropee (Kommission für Archäologie Außereuropäischer Kulturen, KAAK) dell’Istituto Archeologico Germanico, in collaborazione con l’Instituto Andino de Estudios Arqueológicos (INDEA) e altri partner studiano in modo sistematico i celebri geoglifi dal 1997. Nel 2013 hanno scoperto a Palpa, a circa 400 chilometri a sud di Lima, le rappresentazioni figurative di una creatura marina misteriosa e oggi l’analisi, il restauro e la messa in sicurezza del reperto sono finalmente conclusi.

Immagini simili sono sempre state interpretate come la raffigurazione di un’orca. Il geoglifo, come chiamano gli archeologi questi disegni capaci di raggiungere i due chilometri, è lungo solo 60 metri, è vero, ma è significativo soprattutto per la sua età. «Si tratterebbe del più antico geoglifo Nazca mai rinvenuto» dice Markus Reindel, archeologo del KAAK e direttore del progetto Nazca di Palpa.

L’orca è uno dei 1500 geoglifi circa che coprono un’area ampia pressappoco 450 chilometri quadrati in cui si è sviluppata la cultura Nazca nel periodo compreso tra il 200 a.C. e il 600 d.C.

La nuova scoperta solleva delle domande: come si è arrivati alla rappresentazione di un enorme mammifero marino in mezzo al deserto, a circa 60 chilometri dalla costa? Che senso hanno i simboli nella parte inferiore dell’animale? E cosa significa il piccolo «capo-trofeo» che lo caratterizza? Queste teste, che ornano anche vasi di ceramica della cultura Nazca, vengono interpretate come simboli del culto degli antenati. Di conseguenza si può supporre che l’intera figura della balena vada interpretata in chiave religiosa.

Una tecnica mista piuttosto insolita

Le risposte a queste domande potrebbero gettare luce su una svolta epocale nella storia dell’America meridionale precolombiana. L’orca infatti è stata realizzata con una tecnica insolita, che sulla base della datazione del terreno risale a 200 anni prima della nascita di Cristo. Ci sono indizi concreti secondo i quali non solo i Nazca, ma anche gli appartenenti a una cultura precedente siano responsabili della creazione dell’orca.

Parti dell’immagine sono in forma di rilievo negativo: in altre parole, sono state spostate pietre così che il terreno sottostante formasse le linee dell’immagine, una tecnica che si ritrova anche in immagini più recenti dei Nazca. Altre parti dell’orca sono state invece rese visibili con la tecnica del rilievo positivo, vale a dire accumulando pietre dall’ambiente circostante per creare un contrasto. Questo procedimento viene attribuito alla cultura dei Paracas, diffusa nel sud del Perù dall’800 al 200 a.C. circa.

Caratteristici di questa civiltà sono numerosi dipinti rupestri che raffigurano pesci, uccelli o esseri umani e che si ritrovano sul confine delle fertili oasi fluviali delle pampas. Non si sa ancora se questi dipinti rupestri siano diventati modelli per i disegni a terra sovradimensionali o se siano nati in parallelo ad essi. Nel tardo periodo Nazca, i geoglifi si sono ridotti a semplici linee geometriche estese sulle pampas anche per diversi chilometri e visibili dall’aria nella loro interezza.

Questi cambiamenti non sono stati importati nel Paese da stranieri o coloni, ma sono il frutto di un profondo cambiamento sociale, climatico ed economico della regione. Tracce di una nuova ondata di immigrati non sono ancora state rinvenute dagli archeologi: la cultura Nazca è quindi stata portata avanti dai discendenti della cultura Paracas, spiega Markus Reindel. Le popolazioni dell’epoca reagivano all’avanzata del deserto ricorrendo a simboli religiosi che avrebbero dovuto aumentare l’afflusso di acqua dalle Ande.

L’orca rinvenuta è in realtà una riscoperta. Maria Reiche (1903-1998), matematica e geografa di Dresda, nel 1939 ha lavorato al museo nazionale di Lima nello stesso periodo in cui lo storico americano Paul Kosok scopriva le linee Nazca […]. Maria Reiche dedicò molti anni all’esplorazione delle linee misteriose nel deserto: si trasferì in una capanna ai margini della regione dei Nazca e documentò questi spettacolari monumenti naturali, mettendoli in sicurezza. Se molti di questi reperti non sono andati distrutti, è soprattutto grazie al suo lavoro.

Per la mostra “Segni nella terra peruviana”, inaugurata al Kunstraum di Monaco nel 1974, Reiche mise a disposizione una serie di fotografie aeree delle linee di Nazca. Una di queste, interpretata come “Uomo, uccello” e dotata di un’indicazione imprecisa del luogo di ritrovamento, è stata stampata al contrario. Oggi Markus Reindel e il suo collega peruviano Johny Isla sono sicuri che l’orca da loro scoperta sia identica al geoglifo di Maria Reiche e che rappresenti un elemento cardine a cavallo tra la cultura Paracas e quella Nazca.

Le risposte dell’archeologia ai quesiti sollevati dalle gigantesche linee nel deserto del Perù sono oggetto della mostra “Nazca. Perù – a caccia di indizi nel deserto” che aprirà il 24 novembre nel museo Rietberg di Zurigo e che a partire da maggio 2018 sarà disponibile anche nella Bundeskunsthalle di Bonn. Il sogno di Maria Reiche sembra essere diventato realtà: «Possiamo leggere le pampas come un enorme libro di storia». I geoglifi sono la chiave.


Berthold Seewald, «Riesige Zeichnung eines Schwertwals in Wüste entdeckt», Die Welt, 13 novembre 2017

Un commento Aggiungi il tuo

  1. wellentheorie ha detto:

    Che cose meravigliose! Non ne sapevo niente, grazie per avermele fatte conoscere

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