OOPS! – Parte II

I più grandi errori di traduzione di sempre

Dopo l’ultimo aggiornamento di Google Translate, BBC Culture elenca i più grandi errori di traduzione della storia – tra i quali figura un Presidente USA che afferma: «Desidero carnalmente i polacchi».

Di Fiona MacDonald

(continua da qui)

L’imporante è scavare

Forse Google Translate non sarebbe riuscito a prevenire un errore che durante la Guerra Fredda fece abbassare la temperatura di parecchi gradi. Nel 1956 l’interprete del premier sovietico Nikita Chruščëv pronunciò le parole «Vi seppelliremo» contro gli ambasciatori occidentali durante un ricevimento all’ambasciata polacca di Mosca. La frase finì sulle copertine delle riviste e sulle prime pagine dei giornali, raffreddando ulteriormente le relazioni tra Unione Sovietica e Occidente.

Nikita Khruschev, 1935 (Hulton Archive/ Getty Images)
Nikita Chruščëv

Eppure, se messe in contesto, le parole di Chruščëv significavano in realtà «che vi piaccia o meno, la storia è dalla nostra parte. Sopravviveremo a voi». Il suo messaggio era che il comunismo sarebbe durato più a lungo del capitalismo, il quale si sarebbe distrutto da sè, come sosteneva Karl Marx nel Manifesto: «Quindi, la borghesia produce innanzitutto i suoi stessi becchini». Certo, non era la frase più rassicurante del mondo, ma perlomeno non era la tetra minaccia che aveva infiammato gli anti-comunisti e generato lo spettro di un attacco nucleare nella mente degli americani.

Lo stesso Chruščëv fece chiarezza sulla frase – anche se solo dopo diversi anni. «Una volta dissi “Vi seppelliremo” e per questo mi trovai nei guai» disse nel 1963 in un discorso in Jugoslavia. «Ovviamente non vi seppelliremo con una vanga. Saranno i vostri operai a seppellirvi».

Immunità diplomatica

Gli errori di traduzione hanno spesso scatenato dei contenziosi. Nel 1830 la confusione sulla parola francese «demander», ovvero «chiedere», infiammò il dialogo tra Parigi e Washington. Dopo che una segretaria tradusse un messaggio per la Casa Bianca che iniziava con «le gouvernement français demande» con «il governo francese esige» [«to demand» in inglese, ndt], il Presidente USA si trovò in disaccordo con quella che ai suoi occhi era una serie di imposizioni. Non appena l’errore fu corretto, le trattative ripresero.

Alcune autorità sono state accusate di aver manipolato le differenze linguistiche a loro vantaggio. Nel 1840 il trattato di Waitangi, un accordo scritto tra l’Impero Britannico e il popolo Maori della Nuova Zelanda, fu sottoscritto da 500 capi tribù. Eppure una differenza di enfasi tra la versione inglese e quella maori suscitò polemiche, e nel movimento di protesta maori apparve un manifesto che recitava “Il trattato è una frode”.

Cambiare prospettiva

In un caso la ripetizione di una singola frase, considerata più un fraintendimento che un errore di traduzione, fu pure collegata a stereotipi razziali. Nel 1972, durante la visita di Richard Nixon in Cina, il premier Zhou Enlai disse che era «troppo presto per esprimersi» sugli effetti della Rivoluzione francese. Fu lodato per le parole sagge, che in apparenza riflettevano la filosofia cinese; ma a dire il vero lui si stava riferendo agli eventi francesi del maggio 1968.

Zhou Enlai, 1950 (Hulton Archive/ Getty Images)
Zhou Enlai

Stando a quanto afferma l’ex diplomatico statunitense Charles W. Freeman Jr – l’interprete di Nixon durante la visita – il malinteso è stato «uno di quei facili fraintendimenti che non vengono mai corretti». Freeman ha detto: «Non so spiegare la confusione creata dal commento di Zhou se non facendo riferimento allo stereotipo (il quale, come sempre accade, è in parte percettivo) che veniva confermato, ovvero che gli statisti cinesi fossero individui più lungimiranti e più propensi a ragionare sul lungo periodo rispetto agli omologhi occidentali».

«Era quello che la gente voleva sentire e a cui voleva credere, quindi la versione errata prese piede».


Fiona MacDonald, «The greatest mistranslations ever», BBC Culture, 2 febbraio 2015

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