«Figa di qua, figa di là»
Il Presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman, nel corso di un’intervista alla radio nazionale ha sciorinato una sfilza di espressioni colorite che hanno lasciato i connazionali a bocca aperta. Avrà perso il senno?
Di Sascha Mostyn
PRAGA – «Figa di qua, figa di là»: queste le parole che si sono librate nell’aria domenica pomeriggio (2 novembre, N.d.T.), in un orario di punta per la radio pubblica ceca. No, non era un’inchiesta sulla scurrilità praghese, ma un’intervista al presidente Milos Zeman trasmessa in diretta dalla sua residenza di campagna, il castello di Lány.
L’attuale padrone di casa ha pensato bene di rifarsi alla tradizione avviata dal predecessore Tomáš Garrigue Masaryk negli anni tra le due guerre mondiali e della prima Repubblica cecoslovacca, vale a dire la consuetudine di rilasciare interviste radio trimestrali intitolate Due parole da Lány.
Ma i cechi che domenica hanno acceso la radio con quella tradizione bene in mente sono rimasti spiazzati dal linguaggio di Zeman, che in quanto a volgarità avrebbe fatto invidia perfino a un ubriacone di quinta categoria. Per lo meno il Presidente si è espresso in toni pacati in merito al governo ceco, affermando solo che ha «mandato a quel paese» un’ottima riforma legislativa. Nessuno che abbia una vaga idea dello stile di Zeman si sarebbe mai aspettato tanta delicatezza e diplomazia dal Presidente, che ne ha sparata subito una delle sue quando l’intervista si è concentrata sulla questione ucraina. Già da tempo Zeman difende la Russia, e in questa occasione ha liquidato il conflitto ucraino con la frase: «Credo a quanto dice il Ministro degli Affari Esteri Lavrov: in Ucraina non ci sono soldati russi». Zeman giustifica il proprio cameratismo viscerale nei confronti di Putin con gli interessi economici della Repubblica Ceca in Russia, dove è diretto il 5 per cento delle esportazioni ceche. Ma nell’intervista incriminata questo atteggiamento gli si è rivoltato contro, per la precisione quando si è parlato del conferimento alle Pussy Riot, spedite da Putin in un campo di lavoro, del premio per i diritti umani intitolato a Václav Havel.
Perché appoggiare le prostitute?
Ragione sufficiente perché il «padre della nazione», Milos Zeman, decidesse di chiedere al direttore della radio, nonché suo intervistatore, «Ma lo sa cosa vuol dire “pussy”?», per poi rispondersi da solo: «Figa». A quanto pare quella parola deve essergli piaciuta parecchio, dato che ha sentito il bisogno di ripeterla. I testi delle Pussy Riot, ha fatto notare, sono tutti un «figa di qua, figa di là». Perché dovrebbe dare il suo appoggio a quelle prostitute?
Quando l’intervistatore gli ha chiesto di giustificare la sua infelice scelta di parole, il Presidente si è comportato da bravo statista: «Mi sono ispirato a Schwarzenberg,» (rivale di Zeman alle presidenziali del 2013), «lui diceva “merda” una frase sì e una no».
Mentre alcuni, soprattutto i genitori che domenica hanno ascoltato Zeman assieme ai figli, si stanno ancora riprendendo dallo shock, sui social network impazzano le battute, le cattiverie e i video satirici che prendono di mira Zeman e la sua nuova perla. Ci si chiede ancora se il Presidente abbia perso il senno – stando ad alcune fonti berrebbe almeno sei bicchieri di vino e tre di liquore al giorno – o se la sua volgarità sia studiata a tavolino. Nel corso di un viaggio in Cina, un paio di settimane fa, Zeman ha attirato su di sé il malcontento di buona parte della popolazione ceca. In primo luogo, ha dichiarato che era sua intenzione riconoscere la coesione del popolo cinese.
Di ritorno su un jet privato
In questo modo ha calpestato la memoria di Václav Havel, che aveva sempre preso posizione a favore del Tibet, e ha danneggiato l’immagine della politica estera ceca, che nella tradizione avviata da Havel ha sempre inserito i diritti umani nell’agenda politica e diplomatica.
Zeman si è messo in posa per le telecamere della TV cinese di fianco a un pupazzo della Piccola Talpa [celebre personaggio dei cartoni animati cechi, n.d.T.] e ha dichiarato che se era venuto in Cina era anche per imparare. Poi il “rappresentante del popolo” è tornato a Praga sul jet privato di uno dei cechi più ricchi del Paese, Petr Kellner.
Intanto in Repubblica Ceca qualcosa si sta muovendo. Per il 17 novembre, 25esimo anniversario della rivoluzione di velluto, è stata organizzata a Praga una manifestazione contro il Presidente. Su Facebook i partecipanti dichiarati sono più di 3.000. La Repubblica Ceca, dove il Presidente è un simbolo quasi sacrosanto dello Stato, sta forse per vivere una nuova rivoluzione.
Sascha Mostyn, «Fotze hier, Fotze da!», Die Tageszeitung, 4 novembre 2014