La Monna Lisa aveva la sifilide?
Di Jonathan Jones
Qual è il segreto di Monna Lisa? Con quel suo sorriso enigmatico e quel velo di seta pressoché invisibile che le copre gli occhi, sembra voltare lo sguardo come se avesse appena visto qualcuno entrare nel suo campo visivo. Il fascino e la notorietà di questo ritratto avviato da Leonardo da Vinci nel 1503 sono sempre stati legati a doppio filo all’elusiva personalità del soggetto rappresentato. Nel XVI secolo, Giorgio Vasari ha dichiarato che Leonardo impiegava musicisti e giocolieri per far sorridere Lisa. In epoca vittoriana, Walter Pater riteneva che assomigliasse a un “vampiro”. Gli spettatori moderni a volte percepivano in lei un volto androgino, come ha dichiarato per la prima volta Marcel Duchamp.
Io ho una nuova teoria. Forse Monna Lisa aveva la sifilide.
Questo dipinto può sembrare l’immagine di un sogno, una visione irreale, ma è il ritratto di una persona in carne e ossa. Lisa Gherardini era la moglie di un mercante fiorentino chiamato Francesco del Giocondo. Le fonti dell’epoca, inclusa un’annotazione fatta nel 1503 da un impiegato del governo di Firenze a Palazzo Vecchio non gettano alcun dubbio sul fatto che fosse lei la modella di Leonardo […].
Quindi si tratta della moglie di un mercante, vissuta a Firenze all’epoca di Machiavelli, Michelangelo e Vespucci. Possiamo sapere altro su di lei? Le donne dell’Italia rinascimentale sono avvolte nell’ombra. Le fiorentine dell’epoca tornano in vita solo nei ritratti di Leonardo e in una manciata di altre opere d’arte.
Eppure alcuni documenti pervenuti fino a noi mostrano scorci della vita di Monna Lisa. Per esempio, il suo nome compare nel libro mastro di un convento fiorentino per aver comprato “acqua di chiocciole” dall’apotecario.
Acqua di chiocciole? Mi ricordo di averlo trovato comico quando l’ho letto per la prima volta. E ho accettato la spiegazione che fosse usato come cosmetico o per l’indigestione. Ma è una sciocchezza. L’uso principale dell’acqua di chiocciole nella medicina premoderna era, come ho scoperto di recente, nella lotta alle malattie sessualmente trasmissibili, sifilide inclusa.
Forse era la natura disgustosa e punitiva di questo intruglio che la accomunava ai più potenti medicinali. L’acqua di chiocciole era ancora usata nel XVIII secolo; i libri dell’epoca sono molto specifici sul suo valore medicinale. Il Pharmacopoeia Pauperum (1718) dà questa ricetta: «Prendere lumache da giardino, pulite e private del guscio, 6 galloni; lombrichi lavati e spellati, 3 galloni; estratto di assenzio, edera tritata e cardo, per ognuno una libbra e mezzo…»
Si aggiungono poi altre erbe per dare un sapore migliore all’infusione, che viene fatta risalire al dottor Richard Mead, medico all’ospedale londinese di St Thomas. Altre ricette del XVIII secolo ribadiscono l’uso dell’acqua di chiocciole contro disturbi simili, come potete vedere voi stessi nell’eccellente Old Operating Theatre Museum and Herb Garret (Museo della Vecchia Sala Operatoria e della Soffitta delle Erbe), dove sono esposti esempi della ricetta anti-malattie veneree.
Che fosse questo il motivo per cui la Del Giocondo aveva bisogno dell’acqua di chiocciole? Certo, forse voleva acquistarla per qualcun altro e non per sé. Ad ogni modo, il suo acquisto risale a un decennio dopo la realizzazione del ritratto di Leonardo. Ma immaginiamo che avesse già una malattia sessualmente trasmissibile nel 1503: questo cosa ci direbbe sul più famoso dipinto di Leonardo?
Quando la Del Giocondo ha posato per Leonardo, nel 1503, la sifilide aveva messo in ginocchio l’Europa. Alcuni dicevano che questa nuova malattia fosse stata portata dal nuovo mondo dai marinai di Colombo dopo il 1492. Quel che è certo è che si è diffusa a macchia d’olio. Che il dipinto di Leonardo vi faccia cenno? La Monna Lisa è seduta davanti a un paesaggio collinare attraverso cui serpeggia una strada, diretta verso acqua e montagne lontane. Forse le montagne distanti e le acque blu rappresentano il nuovo mondo – la fonte del segreto di Monna Lisa.
Quando Pater ha paragonato Monna Lisa a un vampiro, ha messo in risalto il carattere macabro e morboso nel capolavoro di Leonardo: un’associazione di sesso e morte. Forse non era solo la sovreccitata immaginazione vittoriana di Pater a creare un inesistente senso di decadenza, ci sono reali ombre di mortalità in questo quadro. Quando Andy Warhol ha creato una versione in bianco e nero della Monna Lisa nel 1963, ha sottolineato quanta oscurità pervadesse ed erodesse gli ori e i marroni dell’intricato ritratto di Leonardo. Pozze di ombre nere si diffondono sulla faccia della Gioconda, ridefinendone la bellezza ma anche accentuando la malinconia che si cela dietro al suo mezzo sorriso. Le macchie attorno agli occhi potrebbero essere un segno di scarsa salute. La luce verdastra in cui è immersa potrebbe essere un miasma malsano.
Se Monna Lisa è il ritratto di qualcuno con una malattia sessualmente trasmissibile, allora questi accenni di morte e malattia improvvisamente hanno senso. In quanto a quel mezzo sorriso, diventa una caustica dichiarazione che il sesso fa ammalare. Un macabro messaggio perfettamente in linea con l’analisi di Leonardo fatta da Sigmund Freud. Nel 1910, nel libro Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, Freud dichiara che l’eclettico ricercatore, autore di dipinti e di interi quaderni di studi scientifici, era disgustato dal sesso. Leonardo era omosessuale, dice, ma spaventato dai rapporti sessuali con uomini o donne. “Sublimava” la sessualità nella ricerca.
Freud avrebbe sicuramente trovato interessante il fatto che la modella del suo dipinto avrebbe potuto avere la sifilide. Ovviamente ha fatto un sacco di errori nel suo libro su Leonardo. E questa forse è l’ennesima falsa pista. Però c’è davvero qualcosa di malsano nel fascino ossessivo con cui questa bellezza dietro uno schermo di vetro attira visitatori. Qualunque sia il reale significato della Monna Lisa, è un’opera leggermente decadente. Le fantasie fin de siècle di vampiri che diffondono la sifilide non sembrano poi così fuori dal seminato…
Jonathan Jones, «Did the Mona Lisa have syphilis?», The Guardian, 6 febbraio 2017