Un divorzio lungo 42 anni

Riunificazione di Cipro: a Ginevra il via a nuovi negoziati

I due governi dell’isola, greco e turco, si riuniscono sotto l’egida delle Nazioni Unite per abolire una separazione lunga 42 anni.
Di Marc Semo

La sfida consiste nell’abbattere l’ultima frontiera che ancora divide una capitale europea, Nicosia, così come tutta l’isola di Cipro. Lunedì 9 gennaio i leader ciprioti greci e turchi hanno avviato a Ginevra un nuovo ciclo di negoziati della durata di tre giorni nella speranza di riunificare quest’isola dell’est del Mediterraneo, la cui parte settentrionale è occupata da 42 anni dalla Turchia.

«Siamo al momento finale, al momento della verità» ha dichiarato l’inviato speciale dell’ONU, il norvegese Espen Barth Eide, aprendo questi colloqui sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il Presidente cipriota greco, Nicos Anastasiades, si è dichiarato «fiducioso» fin dal suo arrivo sulla riva del Léman, e il leader cipriota, Mustafa Akinci, assicura di essere armato «di spirito costruttivo».

Il primo giorno di discussioni si è svolto all’insegna di un certo ottimismo, ma il risultato dei negoziati resta incerto. Nel novembre del 2016 si sono già svolte due tornate di negoziati sulle rive del Léman che non hanno portato a progressi concreti.

Su cosa vertono le discussioni?

Il progetto di riunificazione punta a creare una federazione «con due zone e comunità» per porre fine alla separazione dell’isola, divisa fin dal 1974 dallo sbarco delle forze turche a nord, intervenute per proteggere la comunità cipriota dopo un colpo di stato degli ultranazionalisti greci che volevano annettere l’isola alla Grecia. Un anno dopo, un vasto scambio di popolazioni – con 162.000 ciprioti greci costretti ad abbandonare il nord e 48.000 ciprioti turchi obbligati a lasciare il sud – ha avallato questa separazione.

La Repubblica di Cipro, membro dell’Unione Europea dal 2004 e unica autorità internazionalmente riconosciuta, esercita il suo potere solo sulla parte meridionale dell’isola (il 57,3% della superficie totale) abitata da 800.000 persone di lingua greca. La Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta solamente da Ankara e instaurata nel nord dell’isola, è popolata da 180.000 ciprioti turchi a cui si aggiungono 100.000 cittadini turchi immigrati nel corso degli anni dall’Anatolia.

Fino al 2003, gli abitanti del nord e del sud non avevano avuto quasi alcun contatto se non attraverso le cassette postali installate nell’ingresso del palazzo che ospita l’ONU nella zona tampone, al centro della capitale. L’apertura di nuovi punti di passaggio e le agevolazioni concesse dalle autorità cipriote turche hanno permesso un certo rimescolamento delle due popolazioni e oggi numerosi ciprioti turchi attraversano ogni giorno la “linea verde” per andare a lavorare al sud.

Il programma di pace prevede una retrocessione territoriale da parte dei ciprioti turchi (18% della popolazione nel 1974), che attualmente occupano il 36% dell’isola. Si dovrebbero quindi accontentare del 29,2%  del territorio, secondo la proposta turco-cipriota, o del 28,2% secondo l’offerta dei greco-ciprioti. […]

La questione più spinosa è la posizione dei diritti dei turchi che vivono al nord ma non sono originari dell’isola e che potrebbero beneficiare dello jus soli se nati sul posto. C’è anche la questione del ritorno al nord dei ciprioti greci che lo vorranno in base alla libertà di circolazione e di movimento stipulata nei trattati europei, ma comunque limitata.

Cruciale sfida di sicurezza

Il problema più delicato resta quello della presenza delle truppe turche. I ciprioti greci esigono la partenza delle migliaia di soldati ancora di stanza al nord, mentre i dirigenti ciprioti turchi, con il sostegno di una parte della loro popolazione, non vogliono rinunciarvi «per ragioni di sicurezza». Non hanno dimenticato le violenze di cui la loro comunità, largamente minoritaria, fu vittima prima del 1974.

«Siamo sulla strada giusta per risolvere tutti i capitoli interni di questa storia, ma il capitolo che porterà a una soluzione o a un fallimento è quello della sicurezza» ha recentemente ammesso Ioannis Kasoulides, ministro cipriota degli affari esteri. Questo punto dovrebbe essere discusso in particolare a partire dal 12 gennaio a Ginevra, in occasione della Conferenza su Cipro estesa alle tre potenze garanti della sicurezza dell’isola fin dalla sua indipendenza: Grecia, Turchia e Regno Unito, ex potenza coloniale.[…]

Le potenze di Londra, Atene e Ankara

La questione delle potenze garanti è ancora più delicata: esse infatti fin dall’indipendenza nel 1960 hanno il diritto di intervento in caso di minacce per la sicurezza dell’isola. È a questo titolo che le forze turche sono sbarcate a Cipro nel 1974, stimando che il colpo di stato e il progetto della riannessione alla Grecia avrebbero tradito lo statuto stilato in occasione dell’indipendenza.

La Grecia, come la Gran Bretagna, si dice pronta ad abbandonare questo ruolo, giudicato «anacronistico». La Turchia, invece, si rifiuta, definendo insufficienti le assicurazioni che potrebbe fornire l’Unione Europea. La Turchia non è uno Stato membro dell’Unione, anche se nell’autunno del 2005 ha avviato dei negoziati di adesione ora in fase di stallo, proprio a causa della questione cipriota.

Una soluzione a portata di mano?

Si prospetta una soluzione da qui alla fine dell’anno, ecco dunque spiegato il relativo ottimismo dell’emissario dell’ONU e dei protagonisti di questa vicenda. «Se tutto andrà bene e senza incidenti di percorso, si potrà tenere un referendum da qui all’estate» ha recentemente affermato il leader cipriota turco.

Le crescenti tensioni che animano la Turchia […] potrebbero paradossalmente facilitare un compromesso su Cipro: in effetti, mentre Ankara deve far fronte all’aggravarsi della situazione curda e al terrorismo dell’ISIS, il presidente turco sarebbe tentato di fare concessioni su questo tema al fine di migliorare le sue relazioni con un’Unione Europea sempre più preoccupata delle sue derive autoritarie.

L’importanza dei giacimenti di gas scoperti al largo di Cipro, Israele ed Egitto cambia anche la posta in gioco. «Un accordo sul problema cipriota aprirebbe alla Turchia la strada per una cooperazione con tutti i paesi dell’est del Mediterraneo per dei gasdotti che passino per il suo territorio» fa notare un diplomatico, sottolineando che «l’ostacolo dell’esercito turco oggi non esiste più».

Altri osservatori però constatano che Erdogan ha bisogno dei voti degli ultranazionalisti turchi per vincere il referendum previsto per la primavera così da instaurare una Repubblica presidenziale: fino ad allora potrebbe quindi non fare alcuna concessione.

Qualsiasi accordo dovrà essere avallato dagli elettori ciprioti delle due parti dell’isola. Il piano Annan del 2004, in parte simile al progetto attuale, era stato accettato nell’aprile del 2004 dal 65% dei ciprioti turchi perché riconosceva l’autonomia del loro territorio, sebbene ridotto, in seno allo stato cipriota. Ma è stato rifiutato dal 75% dei ciprioti greci, perché solo un terzo dei rifugiati poteva recuperare i propri beni, e perché l’accordo era vago sulle sorti delle truppe turche. Ecco come un’isola divisa è entrata a far parte dell’Unione Europea.


Marc Semo, «Réunification de Chypre : de nouvelles négociations ont commencé à Genève», Le Monde, 10 gennaio 2017

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