Un anno di foto

Il 2016 sta per concludersi: cosa è successo quest’anno? Una raccolta fotografica speciale, con le immagini che hanno fatto la storia del mondo, tratte dal New York Times.

Burkini sì, burkini no

La stagione balneare non è ancora entrata in piena attività e la discussione che impazza già da qualche anno raggiunge nuovi vertici: si dovrebbe permettere alle donne musulmane di indossare un burkini invece che un costume intero o un bikini? L’esperto di migrazione e cultura Özkan Ezli dell’Università di Costanza conosce bene il tema e si è espresso al riguardo in un’intervista di Philip Kuhn per Die Welt.

Politica e/o letteratura?

Nell’epoca di Brexit, nazionalismo e crisi dei rifugiati, quanto deve essere politica la letteratura? Se lo sono chiesti anche gli intellettuali e gli autori riuniti a Berlino per la Conferenza degli Scrittori Europei. A trattare questa annosa diatriba, Stefen Reinecke per TAZ.

La strana coppia

Perché il Vladimir Vladimirovic più famoso di Russia ha una predilezione per il candidato repubblicano più strambo del lotto? Per il New York Times, Ivan Krastev offre la sua opinione.
(PS: c’entra pure Berlusconi).

Cibo, riparo e smartphone

“Le decine di migliaia di migranti che le scorse settimane si sono riversati nei Balcani hanno bisogno di cibo, acqua e di un riparo, proprio come tutti coloro che nel mondo scappano da un conflitto. Ma c’è un’altra cosa di cui giurano di non poter proprio fare a meno: di un posto in cui mettere sotto carica gli smartphone”. Matthew Brunwasser del New York Times ci spiega come la tecnologia cambia la crisi di rifugiati del XXI secolo.

Senza chiudere occhio

Quante cose potreste fare ogni giorno se non aveste bisogno di dormire? Tutte quelle che fa Mehmet Inanc, turco in pensione che non chiude occhio da 55 anni. A raccontarci la sua storia, la redazione di Die Welt.

Un’isola, due comunità, mille problemi

Dal 1974 Cipro è divisa tra Turchia e Grecia. Dopo decenni di scontri e diversi tentativi di riconciliazione, tutti vani, le parti sembrano aver perso la voglia di collaborare. Nikos Konstandaras, per il New York Times, spiega perché la situazione è così problematica.