La Memoria non passa attraverso i selfie

«Fammi vedere le foto che mi hai fatto al campo». «Bella questa, la uso per il profilo Instagram». Sul treno da Dachau a Monaco ci due giovani turiste. Hanno appena visitato il campo di concentramento di Dachau. Cosa spinge la gente a mettersi in posa in un campo di concentramento per il proprio profilo social e a taggare le immagini con hashtag come #instacaust, #niceday o addirittura #yolocaust? Se lo chiede Miriam Dahlinger su Bento.

Voglio essere come Hitler

Non è un mitomane quello che venerdì scorso ha dichiarato pubblicamente di volersi ispirare a Hitler, ma il Presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte. E no, non è stato un lapsus. Un articolo di Le Parisien.

Il continente fragile — II

Abbandonate Gortina e Breslavia, Alexander Smoltczyk per lo Spiegel prosegue il suo affascinante viaggio alla scoperta dell’Europa. Immancabile il passaggio a Bruxelles, “perché senza tutte le sessioni non ci sarebbero confini aperti. Senza gli incontri delle delegazioni non ci sarebbe uguaglianza davanti alla legge, né possibilità di scelta tra prodotti e progetti di vita”.

Sempre colpa degli ebrei

David Baddiel, scrittore e sceneggiatore statunitense, nonché “ebreo e ateo”, sulle pagine del Guardian si domanda: “Perché così tante teorie del complotto si riducono a: sono stati gli ebrei?”. La risposta è interessante e parecchio caustica.

La lezione che l’Olocausto avrebbe dovuto insegnarci

«Quando si tratta di difendere gli oppressi, evitare le aggressioni, frenare gli eccessi dei despoti, stroncare la vittimizzazione dei capri espiatori, ridurre la povertà o prevenire i genocidi, la comunità internazionale ha ancora molta strada da fare».
Nel Giorno della Memoria, il Guardian ospita l’intervento di Ephraim Mirvis, capo della comunità ebraica britannica.