USA – Gli attacchi di Trump alle riserve naturali
Priorità a estrazione mineraria, allevamento e pesca: il governo statunitense pensa di ridurre lo spazio destinato a sei riserve naturali così da renderle più redditizie. Gli ambientalisti vogliono portare il caso in tribunale.
Di Carolin Wahnbaeck
Dopo aver abbandonato l’accordo di Parigi sul clima, ora Trump attacca le aree protette. Sei cosiddetti “monumenti nazionali” rischiano di essere ridotti fino all’88% a favore di estrazione mineraria, deforestazione e pesca.
Le aree coinvolte sono Bears Ears e Grand Staircase-Escalante nello Utah, Gold Butte in Nevada e Cascade Siskiyou nell’Oregon. Ryan Zinke, ministro degli interni e autore del rapporto commissionato da Trump sulle aree protette, punta a ridimensionare anche due aree marittime sotto tutela, le Pacific Remote Islands e il Rose Atoll. Nel suo rapporto, finito nelle mani della stampa, suggerisce di potenziare deforestazione, caccia, pesca, pascoli o estrazione mineraria in altri sette monumenti nazionali.
Ad aprile, Trump aveva richiesto al ministro degli interni di analizzare i 27 monumenti nazionali dichiarati tali negli ultimi vent’anni. La ragione che aveva addotto era il massiccio “furto di terre” del suo predecessore democratico, che l’aveva spinto a dichiarare: «Libereremo questo Paese». Ovvero, lo apriremo allo sfruttamento commerciale.
I monumenti nazionali americani sono aree naturali o località di grande importanza storica che sin dai tempi di Theodore Roosevelt vengono messi sotto tutela federale dai presidenti statunitensi facendo ricorso all’Antiquities Act. I monumenti nazionali, con cui territori privati vengono resi accessibili al grande pubblico, non hanno la stessa rigida tutela riservata ai parchi naturali, ma estrazione mineraria, silvicoltura e pesca sono fortemente limitati, se non del tutto proibiti.
«Un’azione illegale»
Trump attacca duramente le aree protette istituite dai presidenti democratici: Bears Ears è stato dichiarato monumento nazionale nel dicembre 2016 da Obama, mentre Grand Staircase Escalante (che con oltre 750.000 ettari è persino più grande del Delaware) è stato inaugurato negli anni ’90 da Clinton. In entrambi i casi c’erano state forti resistenze da parte dei repubblicani. Le aree marittime protette, invece, sono dovute a George W. Bush, anche se le Pacific Remote Islands sono state ampliate da Obama di circa nove volte la loro dimensione originaria.
«Si tratta di un attacco senza precedenti ai parchi e alle aree pubbliche d’America» dichiara Jamie Williams della American Wilderness Society. «Se Trump dovesse negare a Bears Ears il suo status di terra protetta, sarebbe un’azione illegale. E lo porteremmo in tribunale» afferma Hans Cole, direttore delle campagne pubblicitarie di Patagonia, azienda statunitense per l’outdoor.
Assieme a un numeroso gruppo di organizzazioni ambientaliste, Patagonia contesta i piani di Trump e Zinke e con una campagna televisiva e radiofonica su larga scala lancia un appello agli americani per la tutela delle aree protette. «Alla fine Zinke ha ricevuto quasi tre milioni di messaggi, il 99% dei quali erano a favore del mantenimento di queste aree protette» dichiara Cole. «Un sostegno che ha lasciato a bocca aperta il governo».
Ma ci sono anche voci che non si discostano poi molto dalle raccomandazioni di Zinke: il ministro degli esteri vuole ridurre solo quattro dei «monumenti nazionali chiaramente illegali» nel sud-ovest del Paese, mentre lascia invariati gli altri, si legge sul giornale di destra National Review. Ma ancora peggio, ha voluto creare nuove aree protette, anche nel suo Stato di nascita, il Montana. Trump dovrebbe ignorare i suggerimenti di Zinke, scrivono i conservatori, ed eliminare i monumenti nazionali di presunta illegittimità.
La legge lascia ampio spazio di manovra
Molti conservatori accusano Obama e i suoi predecessori democratici di aver abusato dell’Antiquities Act per realizzare aree protette troppo estese. O per proteggere quei paesaggi da loro considerati piacevoli. Due comportamenti non previsti dalla legge, che invece suggerisce di creare un’area protetta per quanto possibile ridotta.
In realtà la legge lascia ampio spazio all’interpretazione: è vero che l’Antiquities Act dà al presidente il potere incontrastato di nominare nuovi monumenti nazionali, ma non fa chiarezza sugli scopi o sulle dimensioni delle aree protette. Non è nemmeno chiaro se i presidenti possano ridurre o addirittura abolire le aree protette nominate dai loro predecessori.
Gli interessi di Trump sono prettamente economici. Nel caso di Great Staircase Escalante, ad esempio, Zinke ha in serbo una riduzione radicale: la zona in cui sorge il monumento nazionale contiene enormi quantità di carbone, oltre a campi e boschi. Insomma, c’è ancora la possibilità che si realizzi quanto Clinton cercò di evitare nel 1996 con la creazione dell’area protetta, vale a dire la conversione in miniera di carbone.
Così facendo andrebbero persi i posti di lavoro collegati al turismo outdoor, che si sono andati affermando attorno alle aree protette. «I territori di dominio pubblico sono usati per l’industria del tempo libero, che conta 646 miliardi di dollari. Da questi territori dipendono 6,1 milioni di posti di lavoro» scrive la direttrice di Patagonia, Rose Marcario, nel suo blog.
Ma i conservatori sembrano avere a cuore soprattutto i lavori tradizionali. «Privando lo Utah di 1,2 milioni di ettari, Obama e Clinton hanno inferto un grave colpo all’economia locale, basata su produzione di legname e allevamento» dice Matt Anderson del Sutherland Institute.
Anche nel caso di Bears Ears nello Utah l’obiettivo dichiarato è lo sfruttamento – e non solo delle risorse naturali. In quelle regioni, infatti, i bianchi hanno saccheggiato e venduto i tesori navajo strappati a luoghi di culto e tombe. Obama ha creato questa area protetta nonostante l’accanita resistenza dei repubblicani e della gente del posto nel dicembre del 2016 – restituendola agli abitanti originali. Il ministro degli interni, Zinke, progetta di ridurla del 90% – e di assegnarla alla popolazione locale per la maggioranza bianca. Non sembra voler prendere in considerazione il fatto che in questo modo la toglierebbe ancora una volta agli abitanti originali, i navajo.
Trump prende tempo
Per Gold Butte, nel Nevada, lo scontro riguarda i terreni da pascolo. L’area protetta è stata istituita per la tutela dei dipinti rupestri, per le torri di sabbia e per le specie a rischio, come la tartaruga Gopher californiana. Anche nel caso di Cascade-Siskiyou Zinke propone di ridurre i terreni del monumento nazionale per destinarli al pascolo. Le zone montane su cui sorgono sono ricche di boschi – e il divieto di tagliare alberi è un insulto per la locale industria del legno. Il rapporto di Zinke prevede riduzioni simili anche per i monumenti nazionali di Maine e New Mexico.
Nel caso delle aree marittime protette, da ridurre o rendere soggette a pesca, si vuole favorire il settore della pesca commerciale: «Siamo lieti che finalmente qualcuno ascolti i pescatori e le compagnie costiere» ha commentato Eric Reid dell’azienda Seafreeze Shoreside.
Mentre infuria il dibattito sui monumenti nazionali, Trump tace. Prende tempo – ormai dal 24 agosto, quando Zinke ha consegnato il suo rapporto alla Casa Bianca.
Se Trump sostenesse le raccomandazioni del ministro degli interni, potrebbe essere il primo presidente nella storia americana a mettere a repentaglio il patrimonio culturale e naturale invece di proteggerlo.
Carolin Wahnbaeck, «Trumps Attacke auf die Naturschutzgebiete», Der Spiegel, 10 ottobre 2017