Il marmo della discordia

Il tesoro che i greci rivogliono dopo la Brexit

Sono anni ormai che la Grecia chiede alla Gran Bretagna di restituirle delle opere d’arte sottratte dall’Acropoli di Atene da uno scozzese. La Brexit potrebbe porre fine una volta per tutte a questo contenzioso.
Di Karsten Seibel

Più di 200 anni fa lo scozzese Lord Elgin, ambasciatore britannico nell’Impero ottomano, dava inizio a uno scontro secolare tra Gran Bretagna e Grecia che potrebbe ora avere una fine con la Brexit.

In modo alquanto ambiguo, Lord Elgin fece asportare dal tempio del Partenone sull’Acropoli sculture e frammenti in marmo che poi vendette al British Museum nel 1816; li si può ammirare ancora oggi al pianterreno della struttura, nella sala 18. L’accusa di furto non si è fatta attendere: nel 1830 i cittadini greci non fecero in tempo a liberarsi dalla dominazione ottomana e a combattere per la propria indipendenza che richiesero ai britannici i pezzi trafugati.

Eppure in tutti questi anni British Museum e numerosi governi britannici non si sono lasciati impressionare e hanno respinto con ostinazione la richiesta di restituire i “marmi di Elgin”, a volte mettendo da parte la tradizionale cortesia britannica.

Nel 2014 l’attore americano George Clooney si è attirato l’ira del sindaco di Londra durante il tour promozionale del film Monuments Men, quando ha dichiarato che in Inghilterra la maggior parte della gente vorrebbe che i marmi di Elgin fossero restituiti ai proprietari. Si tratterebbe «della decisione giusta», ha detto Clooney. Il film da lui interpretato parla di un’unità speciale statunitense che nella seconda guerra mondiale viene incaricata di proteggere i tesori artistici dalla distruzione operata dai nazisti.

Il progetto di Hitler per i tesori culturali londinesi

Il sindaco di Londra non ha accettato di buon grado il suggerimento. L’attore, secondo lui, pubblicizza il proprio film senza curarsi del fatto che Hermann Göring aveva in programma di saccheggiare il British Museum. «Lo sa dove volevano mandarli i marmi di Elgin, i nazisti? Ad Atene! Clooney sostiene il programma di Hitler per i tesori culturali londinesi» questo il commento di Boris Johnson, attualmente Ministro degli esteri della Gran Bretagna.

Ora Johnson deve difendere nuovamente i tesori del Partenone, questa volta però non contro le rivendicazioni di un attore, bensì sul tavolo delle trattative della Brexit, voluta da Johnson stesso. L’uscita dall’Unione prevista per la Gran Bretagna rappresenta per i greci il momento in cui far finalmente tornare ad Atene il proprio tesoro artistico.

«Per ottenere ciò che vogliono, ai britannici serve l’approvazione del Parlamento greco» ha affermato Alexis Mantheakis, presidente del Comitato di azione internazionale sulle sculture del Partenone. L’organizzazione, che a livello internazionale conta 185.000 sostenitori, si impegna da anni per fare in modo che il patrimonio mondiale dell’UNESCO, originario di Atene ma conservato a Londra, torni al museo dell’Acropoli, inaugurato nel 2009, in cui è già stata predisposta una sala per i reperti.

La situazione sembra essere positiva per i greci, che sanno bene che senza la loro autorizzazione la Gran Bretagna può uscire dall’Unione Europea, ma non può avere l’accordo economico desiderato. Secondo le norme e i regolamenti comunitari, infatti, un accordo simile deve essere approvato da ogni singolo Parlamento nazionale dell’UE. Le sculture e i frammenti greci non sono considerati una controprestazione solo da Alexis Mantheakis: gli stessi parlamentari greci dell’UE si sono già espressi in tal senso.

Lo smog di Atene distruggerebbe i reperti

Gli inglesi hanno a lungo giustificato la decisione di conservare i reperti ateniesi sostenendo che questi pezzi, di oltre 2500 anni, sono maggiormente tutelati a Londra. Lo smog di Atene distruggerebbe i reperti, dicono fin dall’inaugurazione del museo dell’Acropoli. Secondo il loro punto di vista, la legalità del trasporto di Elgin a Londra non è contestabile.

Se è vero che Lord Elgin aveva un’autorizzazione scritta dei Turchi per rimuovere gli oggetti artistici dall’Acropoli, è anche vero che si parlava solo di «alcune pietre». E secondo l’interpretazione greca, 220 tonnellate non sono solo “alcune pietre”. La Grecia però ha sempre evitato una conferma giuridica, per paura che si creassero precedenti spiacevoli.

Insomma, anche se la Brexit porterà il tesoro ateniese sulla strada di casa nella capitale greca, questa storia non si potrà comunque dire chiusa.


Karsten Seibel, «Diesen Schatz wollen die Griechen beim Brexit zurück», Die Welt, 8 agosto 2017

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