Cappotto antisorveglianza: la “fashion tech” si mette in mostra
Un abito realizzato a partire dalle proteine del latte, un cappotto che reagisce all’inquinamento dell’aria, un “mantello dell’invisibilità digitale”: moda e tecnologia si incontrano in una mostra che unisce poesia e pragmatismo.
Di Anne-Laure Mondesert
Nella Gaîté Lyrique sono presenti opere di artisti, stilisti, scienziati: una trentina di creazioni, di cui solo alcune daranno vita ad applicazioni commerciali.
«Si tratta di appropriarsi della moda, farla uscire dal suo orticello e renderla forse meno futile» spiega Irache Martinez, direttrice di Showroomprivé, azienda co-organizzatrice dell’evento.
Le creazioni sono state realizzate negli ultimi sette anni. «La “fashion tech” comincia finalmente ad avere una storia dopo gli esordi degli anni ‘90» ricorda la curatrice dell’esposizione, Anne-Sophie Bérard, citando proprio l’approccio d’avanguardia del creatore Olivier Lapidus. «Non si tratta di un fenomeno passeggero, anche se non siamo ancora arrivati a un commercio stabile».
Abito latteo
La microbiologa tedesca Anke Domaske ha inventato un nuovo tessuto ecologico a base di caseina, una proteina contenuta nel latte vaccino, per fabbricare un tessuto «resistente e antibatterico». Con questa innovazione brevettata e battezzata Qmilch, che risale al 2012, ha creato un vestito che al tatto e agli occhi ricorda il cotone.
«È una soluzione avveniristica, che va oltre la poesia: è un’innovazione utile, che consuma meno acqua e utilizza un materiale in eccesso, di cui non si sa che fare e che si può commercializzare» commenta la curatrice dell’esposizione.
«L’incontro di tecnologia e arte, è arte. Leonardo da Vinci era un ingegnere» sottolinea.
Tema principale della mostra è l’ambiente, ma si affrontano anche questioni come privacy, intangibilità e corpo.
Cappotto anti-inquinamento
L’artista polacca Kasia Mola ha lavorato con un’équipe di ricercatori dell’università londinese King’s College per mettere a punto un vestito capace di reagire alla qualità dell’aria.
La respirazione di chi lo indossa, attraverso una maschera, fa cambiare il colore dei diodi del cappotto. Le luci, che vanno dal bianco al blu quando l’aria ha una qualità soddisfacente, passano al rosso quando il cappotto identifica un certo livello di inquinamento da particolati di carbonio.
«Per esempio se un autobus passa di fianco all’abito, i fumi di scarico vengono immediatamente identificati» spiega l’artista all’Agence France Press.
È una questione che le sta particolarmente a cuore, dato che soffre di asma. Oggi risiede a Londra, ma ha passato l’infanzia sulla nave mercantile in cui lavorava il padre per curarsi dall’asma.
Questo progetto a metà strada tra arte e scienza ha dato luogo a una performance a Manchester e potrebbe portare ad applicazioni pratiche anche se il prezzo dei sensori usati (circa 1500 dollari) resta proibitivo.
Mantello anti-Grande Fratello
Pensando all’impossibilità per un individuo di controllare i propri dati personali, il collettivo nederlandese Kovr, formato dagli artisti Marcha Schagen e Leon Baauw, ha concepito un mantello “dell’invisibilità digitale” in materiale metallico.
«Con questo mantello, che copre anche la testa per formare un vero e proprio bozzolo, si è isolati da tutto, GPS e telefono compresi. Si sparisce letteralmente dai sistemi di sorveglianza» indica Anne-Sophie Bérard.
Camicia sinfonica
Come permettere ai non udenti di sperimentare le emozioni un concerto? È partendo da questo problema che lo studio di creazione londinese CuteCircuit è arrivato a concepire una camicia in collaborazione con l’orchestra Junge Symphoniker di Amburgo.
Con questa tecnologia che ricorre a speciali sensori, la camicia permette di convertire i segnali audio che provengono dal palco in impulsi e vibrazioni di intensità variabile.
Anne-Laure Mondesert, «Manteau antisurveillance : la “fashion tech” s’expose», Le Soleil, 29 giugno 2017