In fila per 6

La “regola del sei” e la scienza di fare le file

Aspetti di più se hai qualcuno dietro, è meglio stare su entrambi i lati di una scala mobile e te la cavi passando avanti agli altri: il docente di psicologia Adrian Furnham illustra gli studi sull’attesa in coda.
Di Leo Benedictus

Adrian Furnham, docente di psicologia presso la University College London, […] studia le code, ma non è immune al loro stress. La scorsa settimana, la sua ultima ricerca è stata citata per la “regola del sei”: la gente aspetta solo sei minuti in coda, e tende ad abbandonare code con più di sei persone. Anche se si tratta di una semplificazione, c’è un fondo di verità: sei minuti di coda rendono impazienti, ma non sono un numero magico oltre il quale si smette di aspettare del tutto. Dipende da quello che si aspetta. «In genere forse non aspetti più di sei minuti al bancomat» dice Furnham «ma lo fai se vuoi comprare dei biglietti per un concerto. Sei minuti sono la media».

Allo stesso modo, non si rinuncia completamente a una fila quando questa raggiunge le sei persone, ma ci sente più riluttanti ad aggiungersi. «Sulla base di alcune osservazioni, si aspetta in coda nel 95% dei casi in cui davanti a noi ci sono cinque persone; questo valore scende a 85% in presenza di sei persone e si riduce ulteriormente se le persone sono sette» dichiara Furnham. «Ma dipende tutto da quanto scorre la fila».

Paradossalmente, secondo lui oggi attendere in coda è più stressante perché l’attesa è organizzata in modo migliore. «La tecnologia ci ha disabituati ad aspettare» dice. «Facciamo tutto più in fretta, ecco perché ci scoccia tanto essere obbligati ad aspettare in fila».

Se c’è qualcuno da incolpare, sono le ricerche del scorso secolo, che hanno rivelato i sottili e impensabili meccanismi dell’aspettare in coda. Ecco cinque cose che abbiamo imparato:

1) La serpentina è la coda migliore

Immaginiamo una banca con cinque sportelli e 20 persone in attesa. Si potrebbero formare cinque code da quattro persone, sembrerebbe la soluzione meno scoraggiante e più semplice. Questo era il metodo più comune in passato, responsabile di una certa frustrazione perché immancabilmente la coda di fianco alla tua era sempre più veloce. A volte chi arrivava dopo di te era servito prima, mentre tu aspettavi per ore che la persona davanti decifrasse la propria richiesta di mutuo.

La cosiddetta “coda a serpentina” risolve il problema facendo aspettare tutti in una lunga coda che si snoda attraverso un labirinto di barriere. Raggiunto l’inizio, vieni chiamato dal primo cassiere libero: in questo modo l’effetto “richiedente mutuo” è ripartito equamente tra tutti i clienti e ciascuno è servito nell’ordine in cui arriva. E, anche se lunghe, le code a serpentina si muovono velocemente, una cosa positiva per il morale. «La gente avverte un senso di progressione» dice Furnham. La cosa incoraggiante è che spesso le code a serpentina si formano spontaneamente, come davanti al bancomat.

2) Le distrazioni ci fanno fare più coda

La gente non sopporta di aspettare senza sapere quanto sarà lunga l’attesa, ecco perché i call center spesso comunicano il numero di persone che vi precedono. Anche così, non avere niente a cui pensare tranne all’attesa in sé diventa spesso intollerabile. «Se stai facendo qualcosa – se hai un telefono o un iPad o qualcos’altro – le cose vanno meglio» dice Furnham.

Prima degli smartphone, questa constatazione ha portato a installare specchi davanti agli ascensori dei grattacieli per distrarre la gente in attesa. Stando a Dick Larson, un docente dell’MIT, alla Disney sono i migliori nella psicologia dell’attesa. «Arrivi ad aspettare 45 minuti per un’attrazione di otto minuti a Disney World» ha detto a Slate. «Ma ti fanno sentire come se la corsa fosse iniziata mentre sei ancora in fila. Creano esaltazione e forniscono ogni genere di diversivi in coda». Ad esempio, aumentano il tempo di attesa così che i clienti siano sempre piacevolmente sorpresi.

3) La gente dietro di te conta

Secondo Furnham, la gente aspetta di più in coda se ha qualcuno dietro. Di primo acchito questa teoria sembra strana, come se le persone dietro di te non facessero alcuna differenza. Ma dal punto di vista psicologico, però, la cosa ha senso.

«Se sei in coda, sei il numero sette e si procede a rilento, potresti volertene andare» dice Furnham. «Ma se improvvisamente arriva un gruppo di persone, allora sei in mezzo alla fila e pensi: “Oh, beh, sono a metà strada”». Per farla semplice, quando diventi consapevole del fatto che altre persone vogliono il tuo posto in coda, diventa prezioso, qualcosa a cui vale la pena aggrapparsi.

4) Meglio stare su entrambi i lati della scala mobile

Questa innovazione ha sconvolto alcuni passeggeri della stazione metropolitana di Holborn a Londra nel 2015, ma ha perfettamente senso. Come da tradizione, le scale mobili britanniche hanno una corsia lenta e una veloce, in cui chi vuole fare uno sforzo extra può accelerare il passo stando sul lato sinistro. Di conseguenza, chi è a sinistra sente il diritto di essere arrabbiato quando un turista innocente gli blocca la strada. Ma una scala mobile con una corsia quasi vuota non è funzionale. […]

5) Puoi anche saltare la coda

Lo psicologo sociale Stanley Milgram ha studiato le code di New York negli anni ’80. I suoi studenti hanno visitato posti in cui ci si aspetta di trovare code, come stazioni ferroviarie e negozi di scommesse, e si sono piazzati in modo sistematico tra la terza e la quarta persona, dicendo: «Mi scusi, vorrei mettermi qui». Se qualcuno protestava, se ne andavano; altrimenti, si allontanavano dopo un minuto. I suoi studenti hanno riferito di trovare la cosa molto stressante, ma solo il 10% circa delle volte sono stati cacciati dalla coda. Per lo più sono stati accolti da versi di disapprovazione e occhiatacce. «La gente fa davvero poco» ha detto Furnham. «Ed era New York!»


Leo Benedictus, «There is no ‘rule of six’ – the truth about the science of queueing», The Guardian, 19 febbraio 2017

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