Un anno di carta

Amo la mia agenda – di carta

Di Katharina Hölter

Non esiste giorno di metà settimana che riassuma bene la mia vita quanto il 27 ottobre. Quel giorno – uno dei miei giorni preferiti quest’anno – ho scarabocchiato dei cuoricini rosa sull’agenda. Sento ancora le farfalle nello stomaco, quando mi imbatto in quella data facendo scorrere le pagine. È il giorno in cui io e il mio ragazzo ci siamo baciati per la prima volta. E quel sabato sera, in un club di Düsseldorf, indossavo una terribile camicia rosa.

Scorrendo ancora trovo l’elenco delle cose da fare, anche quelle che non mi fanno fremere per niente: organizzare i turni di lavoro per la settimana successiva, comprare un regalo per il papà, fissare un appuntamento dal parrucchiere, prenotare un tavolo per la colazione, imbucare le cartoline.

La mia vita su carta, in una rilegatura verde e turchese.

Ho l’agenda sempre con me. Sarei spacciata senza, mi dimenticherei i compleanni, non mi ricorderei più in che giorno della settimana avevo deciso di bermi una birra e con chi. E non c’è sensazione più liberatoria di mettere un segno di spunta alle voci “pulire il bagno” e “lavare i panni bianchi”.

La mia agenda è un mix di foglietti volanti e diario, in un’epoca in cui quasi nessuno scrive più lettere e in cui si sopravvive anche senza biro.

Biglietti di concerti, ritagli di musei del mio ultimo viaggio nel weekend, annotazioni. Tengo il braccialetto dell’amicizia di un amico sempre inserito tra le pagine della settimana in corso. Nella tasca laterale in fondo all’agenda tengo sempre una foto di me e il nonno in vacanza sugli sci, io ho cinque anni e gli siedo in grembo, lui mi circonda con il braccio. Ci sono anche la foto dei miei genitori da giovani e una cartolina con la scritta: “Non devo fare un cazzo”.

Non sono mai stata capace di buttare via le agende a fine anno, sarebbe come gettare in discarica tutti i ricordi.

E quindi mi irrita la domanda «Quand’è che comincerai anche tu a segnarti gli impegni sull’iPhone?»

Me lo chiedono spesso, specialmente quando comincio a frugare nella borsa per trovare la mia logora agenda così da appuntarmi la prossima uscita con le amiche.

Ma un cellulare può portarsi dietro tante emozioni quanto la mia agenda? No!

A volte mi ritrovo persa nei miei pensieri a scarabocchiare sull’agenda a casa dei miei – come se fossi ancora la ragazzina delle medie che scriveva nel diario Diddl. Me ne sto lì, immobile.

Un po’ sono orgogliosa di questo oggettino formato A5. Alcuni appunti lì dentro sono annotati frettolosamente, altri sono scritti in bella calligrafia. Ma a me piacciono tutti.

Invece, il mio telefono è in preda al caos: notifiche, mail, immagini, screenshot, musica, ricette, social network. Vorrei tenere al riparo dallo smartphone almeno la pianificazione della mia vita.

E poi arriva questo momento di fine anno, in cui trasferisco i compleanni nell’agenda ancora intonsa. Chissà cosa mi attende l’anno nuovo, penso guardando le pagine vuote. Magari quello che è successo anche quest’anno, penso osservando la vecchia agenda.

Un momento di grande riflessione. Invece se guardo troppo a lungo lo smartphone mi prende un gran mal di testa…


Katharina Hölter, «Ich liebe meinen Kalender – aus Papier», Bento, 9 dicembre 2016

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