Apatia “made in FB”

Se vuoi vedere com’è il mondo, togli l’amicizia a chi è d’accordo con te

Essere d’accordo con tutti su Facebook è noioso e crea apatia politica. Dai una scossa alle cose e combatti per la libertà sui social media, lavorando tra le linee nemiche.
Di Romesh Ranganathan

Perdendo tempo su Facebook di recente sono rimasto sconvolto nel vedere un uomo con cui lavoravo che postava commenti pieni di giubilo per la vittoria di Trump alle elezioni. Le emozioni che ho provato sono state diverse. Prima lo shock di avere tra gli amici una persona del genere, perché la mia capacità di pensare solo a me è impressionante. Poi lo sconcerto: come poteva avere il coraggio di postare qualcosa che andava contro a quanto tutti su Facebook avevamo deciso fosse la “visione condivisa”? E poi la constatazione che forse non era il caso di perdermi su Facebook durante la cena di compleanno di mia moglie.

Quello che avrei dovuto fare era ringraziare questo amico. Era la prima volta da secoli che Facebook mi trasmetteva qualcosa di simile a un’emozione. Avendo stretto amicizia solo con persone che la pensano come me, i post che visualizzo non sono altro che il risultato di gente che si compiace di avere la mia stessa opinione. Non è neanche una cassa di risonanza, quanto piuttosto un alveare di Borg. Se qualcuno non è d’accordo con me, lo mando in esilio con una non-amicizia, come se fossi una sorta di Corea del Nord virtuale, o l’America di Trump.

Ma se c’è qualcosa di peggio degli inutili post di Facebook, sono gli inutili post di Facebook che si convincono di essere importanti. Preferirei vedere una foto di un panino che l’ennesimo post banale con frasi come “Il razzismo è fuori luogo”, a cui seguono fiumi di like e un post più banale del primo: “Cosa c’è di peggio – Bieber o la schiavitù?”.

D’accordo: il mondo è un posto spaventoso e postare condanne o citazioni ci permette di sentirci meglio per il fatto che non facciamo nulla per cambiare le cose. […]

Ho notato un fenomeno simile dopo gli attacchi di Parigi. Immagino che fosse tanto confortante per i parigini sapere che molti di noi avevano cambiato le foto del profilo nei colori della bandiera francese. Dal canto mio ho fatto il gesto sovversivo di dare per scontato che i miei amici lo sapessero, che condanno il terrorismo. Certo, ignorare queste tendenze sembra insensibile. È brutto quando tutti esprimono cordoglio per una tragedia e tu condividi il link di “Mangiare pomodori dell’orto”.

Posto regolarmente i miei pensieri su Facebook. E ti fa stare bene quando la gente è d’accordo con te. Quando ho postato un commento sul fatto che le argomentazioni pro-Brexit erano fuorvianti mi sono beato delle risposte, in cui mi si diceva quanto ero sul pezzo. Ho cercato di ignorare il fatto che stavo disperatamente cercando l’approvazione dei miei amici virtuali più dell’amore della mia famiglia.

La cosa più piacevole, però, è stato postare qualcosa pro-Brexit. Ho dichiarato che definire tutti i sostenitori dei teppisti era offensivo. Quello che è seguito è stato tonificante. Mi hanno dato dello stupido e mi hanno chiesto se fossi a favore del razzismo. I like erano ai minimi storici, ma i commenti sono esplosi. Mi ribolliva il sangue mentre difendevo le mie argomentazioni, aggiornavo la pagina ogni due secondi e rispondevo colpo su colpo agli aggressori. Era così esilarante che mi sono accorto che non mi serviva la mia famiglia.

Non sono soli i social media di sinistra a essere colpevoli. Di recente ho visitato la pagina del Britain First e ho guardato un video di alcuni (parafraso) «patrioti che sfidano la vile pratica della carne halal». Ho commentato dicendo che mi sembrava che il video mostrasse un gruppo di persone disinformate che importunavano qualche ristorante indiano. Il mio commento è stato cancellato e sono stato bloccato dal gruppo. Che, immagino, è l’equivalente digitale di sentirsi dire di tornare da dove sei venuto – la tua home page.

Una soluzione è quella di variare le persone con cui siete amici online, di creare una miscela più equilibrata di opinioni e di ottenere una visione più realistica di come la gente considera fatti e questioni. Serve a combattere l’apatia. Si dice che in America tutti si erano così convinti su Facebook che l’ascesa di Hillary Clinton fosse ormai un dato certo, che non si sono nemmeno degnati di votare. Idem per la Brexit. Credo che ci sia un modo molto più interessante di aggiornare la propria visione del mondo: togliere l’amicizia a tutti quelli che ti danno retta. Riempire il profilo di persone che contestano tutto ciò che dici. All’improvviso diventerai una sorta di combattente per la libertà sui social media, lavorando nelle linee nemiche. Parla con la gente e cerca di aprire la loro mente a un diverso modo di pensare. Sii la persona che fa infuriare tutti; sovverti l’ordine dall’interno. E poi, quando la prima cosa che vedi su Facebook al mattino è un post anti-immigrazione, scoprirai che non ti serve più un doppio espresso.

Di recente un mio amico ha condiviso un post offensivo e borderline di Britain First sul dare posti di lavoro britannici a lavoratori britannici. Invece di ignorarlo, come avrei potuto fare prima della mia epifania, gli ho chiesto la sua opinione e gli ho spiegato come mai non fossi d’accordo. E così ho scoperto, parlando con lui, che era proprio razzista come pensavo. Quindi l’ho bloccato. Alcune persone in fin dei conti sono eliminabili.


Romesh Ranganathan, «Defriend everyone on Facebook if you really want to see the world as it is», The Guardian, 4 dicembre 2016

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