Quando il turismo incontra il cattivo gusto
Mettersi nei panni di un detenuto, di un clandestino messicano o di un sopravvissuto di Chernobyl… esperienze che attirano curiosi avidi di “realtà”.
Di Hubert Prolongeau
Canada – Trascorrere una notte dietro le sbarre
Documenti di incarcerazione, impronte digitali e foto segnaletiche, tuta da prigioniero consegnata sul posto e poi… via, direzione cella! Nella Vieille Prison di Trois Rivières, il più antico penitenziario canadese, ormai in disuso dal 1986, è possibile trascorrere una notte dietro le sbarre. Per la modica cifra di 40€. Edificato nel 1815 e inaugurato nel 1822, il centro detentivo è diventato ben presto un edificio insalubre perché, pur pensato per ospitare 40 detenuti, ne accoglieva più di cento in condizioni molto difficili ben impresse nella mente dei “guardiani”, per la maggior parte ex detenuti. Il carcere, edificio di interesse storico, accoglie attualmente diversi turisti che arrivano per visite classiche e per un’esperienza fuori dal comune intitolata “La condanna di una notte”. Dopo l’incarcerazione, infatti, il turista è condotto in una cella che deve condividere con altri “detenuti”. Prova il rancio della prigione, viene svegliato in piena notte per il controllo di routine, e deve ripulire la cella prima della partenza il giorno dopo. All’uscita, gli viene consegnato un documento con la dicitura “rilasciato”. Ogni condanna superiore a una notte è cassata.
Confine statunitense – diventare un clandestino messicano
«Abajo! Rapido!». Di colpo, tutti si acquattano a terra. Dalla strada arrivo l’urlo delle sirene: sono la “migra”, gli ufficiali dell’immigrazione americana. Un altoparlante annuncia: «Messicani, arrendetevi! Il vostro Paese non è lontano! Possiamo ancora riportarvici». Hanno tutti paura… ma nessuno è davvero a rischio. Nel parco “Eco Alberto”, un parco divertimenti creato nel 2004 dalla tribù indiana dei Nanhu vicino a Ixmiquilpan, a tre ore di strada dal Messico, si può giocare al finto clandestino sulla frontiera tra Messico e Stati Uniti. Finti sbirri, finti trafficanti di droga ma vero guado di un fiume e vera arrampicata in tubature che dovrebbero sbucare nell’eldorado degli yankee.
La “caminata nocturna” che si svolge ogni venerdì sera è un successo: solo nel 2015 ben 50.000 turisti hanno vestito i panni dello “sporco clandestino” – wetback, in inglese.
Copia ludica di una realtà dolorosa, l’esperienza è giudicata oscena da molti. «Mettendo la gente nelle condizioni dei clandestini, gli facciamo toccare con mano quello che subiscono» tenta di giustificarsi Maximino Garcia Martin, uno dei responsabili del luogo. Se non fosse che i suoi clienti sono per la maggior parte dei borghesi messicani che hanno poche possibilità di trovarsi un giorno a vivere l’esperienza per davvero.
Chernobyl – un tour della città fantasma
Trent’anni dopo la catastrofe del 26 aprile 1986, una zona di 2.000 chilometri (ossia l’equivalente del Lussemburgo) è ancora chiusa al pubblico e delimitata da filo spinato. Quelli che vogliono recarsi sul luogo della tragedia hanno comunque la possibilità di noleggiare un pullman turistico e di passare qualche ora nella città (oggi) fantasma di Prypiat, la più vicina alla centrale e all’epoca modello socialista. Prypiat è stata evacuata in 24 ore. Il 1° maggio 1986 ci sarebbe dovuta essere l’inaugurazione di un parco divertimenti e la sua grande ruota panoramica, mai usata, è il punto più conosciuto del sito. Si visitano anche dei villaggi abbandonati e si scorge, a 300 metri di distanza, il sarcofago costruito sul reattore 4, quello che è bruciato. Poi si pranza in una mensa della città di Chernobyl. La visita è spesso condotta da vecchi abitanti o dagli impiegati della centrale. È molto propagandista e rassicurante, ma è ovviamente fuori questione allontanarsi dal gruppo. I vestiti antiradiazione sono forniti dalle guide. Si consiglia anche un dosimetro, per registrare le radiazioni…
Hubert Prolongeau, «Quand le tourisme visite le mauvais goût», Le Monde, 30 maggio 2016