L’attuale venerazione per i bambini sfocia nel perverso
Gli adulti cedono il posto ai bambini sul treno, la mia famiglia mi attacca perché voglio che mia figlia si alzi e faccia sedere me – e c’è anche la giornata del bambino. Ma che succede?
Di Tim Lott
A ogni festa del papà o della mamma, quando chiediamo ai nostri figli di riconoscere, anche solo per qualche ora, i profusi sforzi dei genitori per il loro benessere, uno di loro chiede, di solito con aria risentita: «E perché non c’è la festa dei bambini?». Inevitabilmente rispondo che ogni giorno è dedicato ai bambini. Ma ho scoperto che alla fin fine la giornata dei bambini c’è – il 15 maggio.
Indubbiamente l’idea di questa giornata è di richiamare l’attenzione sui bambini che soffrono disagi e abbandono. Eppure sospetto che le mie figlie di 9 e 13 anni – sono state loro a scoprirla – davano semplicemente per scontato di avere privilegi extra. Ciò nonostante, sono stato in un certo senso incoraggiato nello scoprire dalla stampa che la giornata avrebbe «richiamato l’attenzione sull’importanza del benessere degli adulti… della felicità degli adulti… e della salute mentale [degli adulti] nel Regno Unito».
La felicità degli adulti – ecco un concetto che potevo far mio. Eppure poco si sposa con gli annunci che per ottenere il “benessere degli adulti” e (incidentalmente) produrre figli “amorevoli e consapevoli”, occorre saper “apprezzare” attività informali come “una giornata di giochi con la famiglia, atti quotidiani e casuali di gentilezza durante la settimana, una festa di strada, e una settimana dedicata al “tornare a casa in orario” per i genitori che lavorano, così che possano trascorrere più tempo con la famiglia». Suona tutto più divertente per i bambini che per me.
In questo momento forse sembrerò un po’ acido. Questo perché qualche giorno prima di scrivere questo editoriale sono successe un paio di cose che mi hanno reso meno amorevole e consapevole delle mie adorate figlie. In famiglia abbiamo deciso di andare nel South Bank per l’evento “The Complete Walk” in cui si mettevano in scena lungo il Tamigi le opere di Shakespeare e dopo un’ora circa abbiamo raggiunto uno schermo libero. Mia moglie e le mie due giovani figlie hanno trovato posto, io no.
Un po’ affaticato, ho chiesto a Louise, di nove anni, di farmi sedere (ho 60 anni, tanto per dire) e di sedersi in braccio a me. Lei l’ha fatto, ma un minuto dopo ha deciso che rivoleva la sedia. Mi sono rifiutato. Di conseguenza sono stato assalito come da un trio di velociraptor, non solo da Louise, ma anche da mia moglie e dalla mia figlia maggiore, secondo le quali ero irragionevolmente egoista. L’atmosfera è rimasta tesa per un po’ e mi sono ritrovato a desiderare quella catarsi che avrei avuto nel vedere l’estratto di Re Lear.
Nella metro per tornare a casa, una giovane coppia si è alzata per cedere il posto a due bambini che sembravano avere sette anni circa. È sembrato strano a uno della mia generazione. Un tempo era pratica comune che fossero i bambini a cedere il posto agli adulti.
Il cambio di potere nelle ultime generazioni è il tanto atteso passaggio di testimone dagli uomini alle donne. Può essere che il cambiamento di potere dai genitori ai figli faccia parte dello stesso fenomeno. Ma questa venerazione dei bambini a me sembra che rasenti il perverso – per quanto adori le mie, di bambine.
Forse ora che abbiamo rinunciato alla nostra ideologia politica, al romanticismo e a Dio i bambini sono l’unico posto in cui possiamo rifugiarci per trovare una sorta di relazione religiosa. Perché sembra che siano diventati proprio oggetti di culto. Se è così, sono idoli migliori da venerare che un Dio onnipotente, o Karl Marx o un capriccio romantico passeggero. Ma ciò non significa che a volte sembrino rovinati e viziati. Insomma, da buon credente quale sono di questa nuova religione, a volte perdo la fede anch’io.
Spero che i miei figli trovino l’amorevolezza e la consapevolezza di perdonarmi.
Tim Lott, «Today’s worship of children borders on the perverse», The Guardian, 6 maggio 2016