L’uomo che si è fatto balena

Ed, l’uomo che si è fatto balena per arrivare al primo posto in Clash of Clans

Di William Audureau

«Come sono diventato una balena». Venerdì 12 maggio, quando Ed sale sul palco con alle spalle questa scritta, un momento di stupore e divertimento attraversa la sala. Dal giorno precedente l’anfiteatro di Angoulême (Charente) dell’ENJMIN, Scuola Nazionale dei Giochi e dei Media Digitali Interattivi francese, ospita il Forum dell’Economia dei Videogiochi, una fiera professionale alla quale è stata inviata la redazione di Le Monde. Le passate edizioni vertevano su una serie di questioni finanziarie, sussidi regionali e strategie di marketing. Ma Ed, questo finlandese di 30 anni, con un sorriso appena abbozzato e un completo a righe azzurro cielo, appartiene “all’altro lato della barricata”: è infatti un giocatore, e un giocatore della specie più rara e corteggiata, quella delle whales (balene), vale a dire quei giocatori capaci di spendere centinaia, se non migliaia, di euro in un solo gioco pur di progredire più in fretta. L’industria dei videogiochi ne parla con fascino e incomprensione, non sapendo davvero chi sono queste balene.

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Una prima sigaretta di nome Angry Birds

La maggior parte delle persone si immagina individui pigri, incapaci di gestire il loro denaro. «Non è sempre così. Ecco perché ho deciso di raccontare la mia storia» spiega a Le Monde l’uomo che ha speso più di 20.000€ nel gioco per smartphone Clash of Clans, raggiungendo la posizione più alta nella classifica. Ed (che desidera mantenere l’anonimato) ha una vita professionale come negoziante di champagne dallo stile di vita agiato; ha scoperto in ritardo le gioie del pixel, sul telefono, quasi per caso. «Io non fumo» spiega «e quindi quando al lavoro gli altri fumavano io giocavo ad Angry Birds», uno dei primi esempi di videogioco per smartphone. Nel dicembre del 2012 Ed ha scoperto Clash of Clans, un gioco di strategia cui la stampa nazionale dà molta visibilità: questa produzione totalmente finlandese si impone come videogioco per il telefono e, a distanza di tre anni, resta ancora il più redditizio sul mercato. Come funziona? È completamente gratuito, ma si può potenziare più in fretta l’esercito sborsando piccole somme. Per curiosità, uno ci prova anche. Poi ci si lascia prendere la mano, in modo ponderato ma automatico.

«Non mi diverto a spendere soldi, quindi uso sempre le gemme [la moneta di scambio di Clash of Clans] e non compro migliorie se non per le truppe che uso più spesso» spiega con aria di specialista. Passare tempo al telefono per accumulare micro-transazioni non è ai suoi occhi una distrazione: «In realtà giocando a Clash risparmio soldi perché non esco a bere» si lascia scappare davanti a una sala divertita. All’inizio del 2013 si è fatto largo nella top 10 mondiale con lo pseudonimo di Ze Jodecast.

«Un buon videogioco è come un buon vino»

Ed ha un rapporto molto particolare sia con il denaro sia con i videogiochi, che vede entrambi nell’ottica del suo lavoro. A Le Monde precisa: «Un buon videogioco è come un buon vino. Sono i consumatori a determinarne il prezzo. Se il vino è davvero buono, allora i clienti saranno disposti a pagarlo caro» assicura, bicchiere alla mano. Poi rivela un suo rimpianto: non aver potuto sborsare che pochi euro per Angry Birds, mentre ai suoi occhi di appassionato ne vale almeno qualche centinaia.

Nell’ottobre del 2013, Ed inciampa negli ingranaggi di YouTube dopo aver postato un video semplicissimo su una partita, filmato in maniera amatoriale con uno smartphone. «Ho avuto un grande riscontro, la gente mi chiedeva di creare un mio canale, ma io non sono uno youtuber» si scusa. Poi si decide e, senza mai mostrarsi alla telecamera, fidelizza circa 60.000 abbonati.

Lo yacht club dei videogiochi per telefono

Dal canto suo, Ed non segue gli altri youtuber. YouTube è una piattaforma «per bambini e poveri» spiega con disinvoltura in una diapositiva. Gelo nella sala. Il suo è un altro mondo. «Le balene hanno le altre balene per amici» sottolinea con ovvietà. «Noi non siamo gamer, tranne rare eccezioni, noi siamo persone di successo nella vita che hanno molto tempo libero».

Comincia quindi a spiegare i suoi scambi con gli altri maniaci di Clash of Clans ai quattro angoli del pianeta, e il sentimento di gratificazione dell’appartenere a un’élite, una sorta di yacht club dei videogiochi: nel suo clan, tutti i membri hanno speso almeno 20.000€ per il gioco della Supercell. Nell’anfiteatro proietta una diapositiva che mostra una ventina di persone in abiti eleganti, con un sorriso radioso in volto e un bicchiere di champagne in mano. È uno di questi suoi amici che ha superato i 100.000€ investiti in Clash of Clans e che gli ha lasciato il suo conto nel 2014, permettendogli di salire ancora di più nella classifica. Il suo “sponsor”, come lo chiama Ed, proviene da una famiglia abbiente che non lavora da cinque generazioni e che di tanto in tanto gli ordina dello champagne. Il 1° ottobre del 2014, Ed raggiunge finalmente il primo posto nella classifica mondiale. «Non è stato niente male» concede.

«Nel videogioco, come nel vino, è tutta questione di equilibrio»

Da allora un 1, quello della prima posizione, adorna il suo canale YouTube e il suo profilo Twitter.

Perdere una partita equivale a perdere una settimana e 300€ di investimenti. «Se c’è un 1 come immagine di profilo è perché me lo sono meritato, cazzo, e a quelli che non sono d’accordo ho solo una cosa da dire: “Sparite!”». Ed diventa improvvisamente aggressivo. La sua vita scorre ormai in funzione del gioco. Ha trascorso settecentoventi ore in due mesi a giocare, pur di raggiungere il livello più alto. Anche oggi si alza alle 4 del mattino per essere online assieme a cinesi e americani, che raggiungono le posizioni migliori. «Roba da matti» ammette con umorismo.

La sua passione, però, Ed non la rifiuta: «Continuo a giocare perché è un ottimo gioco di strategia e perché mi piace, semplicemente. Fate dei buoni giochi e farete i soldi» dice, rivolto agli sviluppatori francesi presenti nell’anfiteatro. Fa da consulente alle società che producono videogiochi, per dare la sua visione di “balena” del loro gioco: «Niente di meglio che una balena per spiegare cosa vogliono le balene». Poi, con aria profonda, continua: «Nel videogioco, come nel vino, è tutta questione di equilibrio».

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Fare video per Ed è diventata una seconda passione, una per cui sarebbe anche disposto a pagare, per giunta. Ma ormai è lui che monetizza il pubblico. Ci sono anche giocatori che lo pagano centinaia di euro pur di vedere le proprie battaglie trasmesse sul suo canale. «In Clash of Clans, sono una balena molto famosa» spiega.


William Audureau, «Ed, l’homme devenu « baleine » pour être numéro un du jeu « Clash of Clans »», Le Monde, 14 maggio 2016

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