Tu quoque, Google?

I sette peccati capitali di Google

Di Wouter van Noort en Carola Houtekamer

Troppo parziale, troppo chiusa, troppo costrittiva, troppo potente. Stando alla Commissione Europea, Google commette sette reati. L’accusa, lanciata alla società, promette di trasformarsi in una lunga battaglia legale.

Quali sono i sette peccati di Google, secondo la Commissione?

1. Google favorisce i propri servizi

Google ha un buon prodotto, ha dichiarato Margrethe Vestager, Commissaria europea responsabile della politica di concorrenza, nella conferenza stampa di ieri. La società ha il diritto di dominare il mercato dei motori di ricerca, ma non può abusare di questa posizione dominante. Cosa che invece Google fa, soprattutto mostrando il proprio servizio di comparazione dei prezzi, e non quelli altrui. Vestager ha spiegato: «In questo modo chi compra online non vede i risultati più rilevanti di una ricerca». Google dovrebbe esporre tutti i risultati, come accade in genere, nella lista con i risultati della ricerca.

Quote di mercato dei principali motori di ricerca in Europa
Quote di mercato dei principali motori di ricerca in Europa
2. Google autorizza solo la sua pubblicità

Lo statement of objections che la Commissione Europea ha presentato ieri riguarda il trattamento di favore per i propri servizi. Ma la Commissione esprime “preoccupazioni” in merito a altre possibili infrazioni di Google, preoccupazioni che esistono già dal 2010. Le prime riguardano gli accordi commerciali privilegiati che Google stringe con alcuni siti, i quali non possono – o possono solo in parte – ospitare gli annunci pubblicitari forniti da altri motori di ricerca.

3. Google vieta gli annunci in altri motori di ricerca

Search advertising: sono gli annunci commerciali che compaiono in cima alla lista dei risultati di ogni ricerca. Provate a cercare “bicicletta” su Google: il primo risultato sarà un link al sito bicivendita.it. Si tratta di una società che ha pagato Google per apparire in cima alle ricerche del termine “bicicletta”. Secondo la Commissione, Google impone che queste società non stringano accordi simili con altri motori di ricerca.

4. Google si appropria di stralci di notizie in modo ingiusto

Avrete tutti presente quei brevi stralci di notizie raccolti da Google News nella sua pagina. Google “frega” ogni tipo di articolo interessante dalle pagine web e mette le prime righe sul suo sito, con un link all’articolo originale. Anche in questo caso Google esercita un abuso di posizione dominante, spiega Vestager. I siti di informazione si trovano quindi di fronte a un dilemma diabolico: o regalano stralci di articoli a Google, oppure non appaiono affatto nei risultati di ricerca.

Fatturato di Google (in miliardi di dollari)
Fatturato di Google (in miliardi di dollari)
5. Google favorisce le proprie app

Non solo con i motori di ricerca: anche con Android i problemi sono molti, secondo la Commissione. Vestager intende «analizzare approfonditamente» il potere di Google nella realizzazione degli smartphone. Ecco l’accusa principale: chi acquista un telefono Android riceve in automatico app di Google quali il navigatore Maps, il programma Drive e il browser Chrome. La domanda è se Google costringa i produttori di smartphone Android a preinstallare queste app. La cosa piacerà forse ai possessori dei cellulari, ma è di certo ingiusta per le app della concorrenza.

6. Google limita le modifiche a Android

Android è aperto, libero e gratis, mentre il rivale iOS di Apple è chiuso, controllato e costoso. Si tratta perlopiù di un cliché. Infatti Google impone ai produttori di cellulari ogni sorta di limitazioni per l’utilizzo di Android. Alcuni produttori vorrebbero sviluppare versioni modificate di Android, le cosiddette forks, ma Google non lo permette. In questo modo, secondo Vestager, Google ostacola lo sviluppo di sistemi operativi concorrenziali.

7. Google allega i propri servizi

Google allega diversi propri servizi nelle app. In questo modo, sostiene Vestager, può ostacolare altri sviluppatori di app. La Commissaria non cita alcun esempio specifico, ma si può pensare a Google Drive. Al suo interno è possibile modificare documenti con Docs, anch’esso di proprietà Google. Questo approccio danneggerebbe le suite rivali, come ad esempio Microsoft Office.


Wouter van Noort, Carola Houtekamer, «De zeven hoofdzonden van Google», NRC Q, 16 aprile 2015

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