Storia di un eroe (controverso)

Il vero American Sniper era un killer carico d’odio. Perché i patrioti semplicistici lo considerano un eroe?

Il film di Clint Eastwood sul Navy Seal Chris Kyle ha colpito un nervo scoperto in America, con i repubblicani che chiedono lo stupro o la morte di chiunque sia ingrato a sufficienza da criticare l’operato del cecchino
Di Lindy West
Bradley Cooper nei panni di Chris Kyle

Devo confessarlo: il trailer di American Sniper mi ha catturato. È un capolavoro di tensione a breve termine – un incontro di suoni e immagini così visceralmente evocativo da sembrare quasi prepotente. Non potete resistere. Sentirete lo stress. Proverete emozioni forti. Oppure, come ho scritto in un post a riguardo, «Il trailer di American Sniper, di Clint Eastwood, vi rovinerà i pantaloni».

Ma per quanto efficace possa essere un film, un’occhiata anche rapida alla storia vera cui il film si ispira – e in particolare alla reazione del pubblico alla sua uscita – sollevano quesiti allarmanti sulle storie che scegliamo di codificare in realtà – quali storie, di chi sono e perché proprio quelle? – e sui problematici costi sociali di portare la realtà sul grande schermo.

Chris Kyle, un Navy Seal texano, servì il Paese in Iraq nel 2003 e affermò di aver ucciso più di 255 persone durante i sei anni in cui rimase in servizio. Nella sua autobiografia Kyle descrive l’atto di uccidere come «divertente», qualcosa che «amava»; era fermamente convinto che chiunque venisse ucciso fosse «un cattivo». «Odio questi maledetti selvaggi» ha scritto. «Non me ne fregava un cazzo degli iracheni». Inoltre si è vantato di aver assassinato degli sciacalli durante l’uragano Katrina, fatto che tuttavia non è mai stato provato.

Kyle è stato ucciso nel 2013 in un poligono di tiro in Texas da un 25enne ex militare apparentemente afflitto da disturbo post-traumatico da stress.

Per quanto possiamo avere politiche diverse, ripongo nelle capacità artistiche e nell’intelligenza di Eastwood una fede sufficiente per assicurare che non è un ideologo manicheista – e in ogni caso sa benissimo che le limitazioni di una simile visione del mondo potrerebbero a un film estremamente noioso. Ma questo non può essere detto per il tema trattato da Eastwood, né, in base a quanto dimostrato dalla reazione al film, per i suoi fan.

Come Laura Miller ha scritto su Salon: «Nella versione di Kyle della guerra in Iraq, le parti in causa erano gli americani, che sono buoni perché sono americani, e i fanatici musulmani, il cui “male selvaggio, spregevole” li portava a voler uccidere gli americani solo perché erano cristiani».

Adds Scott Foundas di Variety: «Chris Kyle vedeva il mondo in termini di bene e male, chiaramente distinti tra loro, e American Sniper suggerisce che un tale dicromatismo potrebbe essere stato essenziale per il suo successo e la sua sopravvivenza; sul campo di battaglia dubitare significa morire».

Secondo Foundas, dall’altro lato, Eastwood «vede solo sfumature di grigio», e American Sniper è un film moralmente ambiguo ed emozionalmente complesso. Ma ci sono molti Chris Kyle nel mondo, e il chiasmo tra le intenzioni di Eastwood e la reazione del suo pubblico evoca l’enigma del vecchio Chappelle’s Show: un sacco di bianchi hanno riso alla pungente satira razziale di Dave Chappelle per le ragioni sbagliate, in modi che potrebbero aver esacerbato gli stereotipi sui neri nelle menti delle persone meno dotate di intelletto. È colpa di Chappelle? La cosa dovrebbe interessarlo?

Allo stesso modo, gran parte dei repubblicani statunitensi sembrano aver accolto American Sniper con una simile comprensione superficiale – trattandolo con la stessa cieca, entusiasta riverenza destinata in genere all’inno nazionale o alla bandiera USA. A poche settimane dalla sua uscita, il film è stato elevato a simbolo per servire gli interessi di un’ideologia che senza dubbio cozza con lo spirito del film stesso. Fino a che punto Eastwood dovrebbe preoccuparsi – sempre se se ne deve preoccupare – dei fan che fraintendono e strumentalizzano la sua pellicola? Se lui, intenzionalmente o meno, fa di Kyle – il quale era quantomeno un razzista che traeva piacere dal disumanizzare e uccidere persone di colore – un eroe, va considerato responsabile per aver avvalorato il razzismo, l’assassinio e la disumanizzazione? Se ci sono persone che considerano il suo film un’opera di propaganda, va considerato un propagandista?

La questione è emersa un paio di settimane fa, quando su Twitter diversi giornalisti liberali hanno portato l’attenzione su alcune frasi di Kyle non proprio degne di un Oscar. «Chris Kyle si vantava di aver saccheggiato le case delle famiglie irachene a Falluja» ha scritto Max Blumenthal, autore ed ex collaboratore del Daily Beast. «Uccidete ogni maschio in circolazione» ha citato Rania Khalek, definendo Kyle uno «psicopatico americano».

Chris Kyle

La rappresaglia della twittersfera conservatrice è stata rapida e violenta, come Khalek ha riportato in un esaustivo (ed estenuante) post su Alternet. «Porta il tuo culo antiamericano in Iraq, lascia che l’ISIS ti stupri e tagli la tua testa di cazzo, troia musulmana di merda» ha scritto Donna, una mamma dall’aspetto apparentemente innocente. «Rania, forse possiamo portare il tuo culo laggiù e darlo a quelli dell’ISIS… stupida puttana» ha consigliato un uomo barbuto di nome Ronald, amante del basso (o del bassfishing, non lo sapremo mai). «Il waterboarding non è poi una tortura» ha spiegato Benjamin, un aviatore dell’esercito molto premuroso. «Non mi dispiacerebbe darvi una dimostrazione».

I patrioti scrivono, scrivono e scrivono ancora. Non credono a quello che leggono. Si affrettano a difendere non solo Kyle, ma il loro Paese, e ciò che il loro Paese significa per loro. Invocano lo stupro o la morte di chiunque sia abbastanza ingrato da criticare Chris Kyle, un eroe americano. Perché Chris Kyle è buono, e i selvaggi sono cattivi, e l’America è in pericolo, e Chris Kyle ci ha salvati. L’atteggiamento rimanda a quanto Miller aveva scritto su Kyle nel suo articolo: «la sua risoluta indifferenza a ogni sfumatura, sottigliezza o ambiguità, e la sua mancanza di immaginazione e curiosità sono particolarmente degni di nota».

Non c’è spazio per pensare che Kyle possa essere stato un buon soldato ma una brutta persona, o una persona mediocre che ha svolto male un lavoro difficile; o un uomo complicato in una guerra terribile, costretto ad amare il fatto di uccidere solo per sopravvivere a una situazione impossibile; o un serial killer fatto e finito che sfrutta un sistema oppressivo, il quale, certo, porta anche molte persone benintenzionate, spesso povere, a compiere azioni oppressive sulle quali non hanno controllo. O che gli iracheni siano esseri umani completi con anime complesse, che ricavano piacere dal buon cibo, dai tramonti e dalla famiglia, e che sono terrorizzati dall’assassinio dei loro figli. O che è possibile sostenere un Paese e al contempo pensare in modo critico alle sue azioni e ai suoi cittadini. O che molte verità possono coesistere in uno stesso momento.

Cercate sempre di conoscere i vostri eroi.


Lindy West, «The real American Sniper was a hate-filled killer. Why are simplistic patriots treating him as a hero?». The Guardian, 6 gennaio 2015

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