Gamergate: Internet è il videogioco più tosto del momento – se il tuo personaggio è una donna
È un’avventura stealth senza alcun riparo e con centinaia di nemici pronti a moltiplicarsi e attaccarvi non appena vi fate notare
Di Charlie Brooker
Non sono sempre stato quel tipo di uomo che gioca con i videogames, ma una volta ero quel tipo di ragazzo che giocava con i videogames. Siamo inseparabili, io e i videogiochi. Sei mi tagliaste una vena, ne uscirebbero pixel. O sangue. Sì, forse sangue, ora che ci penso.
Se paragonati, non so, all’opera lirica, i videogiochi vengono maltrattati dalla stampa – anche se sono ovviamente migliori, perché nessun’opera ha mai permesso a un membro del pubblico di raccogliere un fungo gigante e saltare tra le nuvole. Nessuno scrive articoli in cui gli amanti dell’opera vengono presi in giro, derisi in quanto bambinoni incapaci di staccarsi da mondi immaginari e allegri motivetti; disadattati ossessivi che affollano strane «serate di apertura» con indosso elaborati costumi da cosplay detti «smoking».
Non azzardatevi ad andare all’opera: con ogni probabilità incappereste in un boss mafioso. Secondo almeno un film che mi sembra di aver visto tempo fa, i boss mafiosi amano l’opera, perché ci sono un sacco di morti e assassinii. Eppure i politici non presentano mozioni per condannare con tono solenne il pericoloso livello di violenza dell’opera.
L’opera – una sequenza animata lunga tre ore impossibile da saltare, un completo flagello culturale la cui funzione primaria nella società moderna è il suo uso come musica di sottofondo per i montaggi in slow-motion di qualche evento sportivo – in parte ha vita facile proprio perché si chiama «opera», e non «carine canzoncine-ine-oh». Questo è il più grande problema d’immagine dei videogiochi: quella parola infantile, «giochi». O meglio, questo era il più grande problema dei videogiochi, prima che scoppiasse il «gamergate».
Se non sapete cos’è il gamergate, vi consiglio di cercarlo su Google, perché io stesso non sono riuscito a spiegarne le cause a persone a mio avviso adulte e pazienti, ciascuna delle quali mi ha guardato come se avessi descritto la trama di un’orribile serie tv per teenager. Tutto è iniziato con un post scritto dall’ex deluso di una sviluppatrice di videogiochi, che in qualche modo si è gonfiato e poi trasformato in un’aspra guerra culturale sul Web piena di orrende minacce personali. Ma deve esserci qualcosa di strano nell’aria: il gamergate si è trascinato per settimane e il clima si è fatto sempre più ostile. E ora, nel 2014, le donne sono costrette a nascondersi – per aver espresso un’opinione sui videogiochi. È una frase che dovrebbe comparire soltanto nel capitolo iniziale di un improbabile romanzo sci-fi distopico, giusto prima che lo gettiate nella spazzatura.
Sembra esserci una piccola ma rumorosa comunità di maniaci incredibilmente aggrappati all’idea che nel mondo dei videogiochi le donne non dovrebbero avere alcuna voce in capitolo. Nemmeno le ultime statistiche, secondo le quali le videogiocatrici hanno superato in numero i loro omologhi maschili, riescono a dissuaderli, poiché vige ancora la pigra supposizione per cui la maggior parte di queste donne giocano a Candy Crush o altri videogiochi “casual” non impegnativi, per alcuni nemmeno degni di essere chiamati «videogiochi». Non penso sia vero, ma anche se lo fosse, non me la prenderei con le donne se scelgono di giocare a qualcosa di rilassante e privo di pericoli nel loro tempo libero, dato che per gran parte del tempo sono costrette a partecipare a un terrificante MMORGP horror di sopravvivenza, conosciuto dai più con il nome di Internet™. Le donne sono di gran lunga le giocatrici incallite più toste in circolazione.
Avete presente quei giochi in cui all’inizio potete scegliere il vostro personaggio e dovete considerare i pro e i contro del preferire un Guerriero a uno Stregone o ad altre categorie simili? Non scegliete una Donna per la prima partita a Internet™, mai e poi mai, altrimenti dovrete affrontare subito un livello complicatissimo. All’improvviso venite catapultati in un gioco stealth senza alcun riparo, un gioco con centinaia di nemici pronti a moltiplicarsi e attaccarvi non appena fate un rumore o vi fate notare per qualche motivo. L’IA nemica è sofisticata e imprevedibile; studia le vostre debolezze e le sfrutta senza pietà. Invece di mitragliarvi con palle di fuoco, i nemici vi bombardano con una raffica di insulti. Raggiungete gli ultimi livelli senza morire (per mano vostra) e gli insulti potrebbero evolversi in sanguinose minacce di morte.
Purtroppo i giocatori maschi non hanno la possibilità di sperimentare l’opzione “femminile” alla massima difficoltà – forse, se Internet™ fosse disponibile sotto forma di una cara, vecchia avventura testuale, in cui impersonare una donna nell’epica impresa di farsi semplicemente i fatti suoi, sarebbe divertente giocarci un po’.
Riesco a immaginarmelo. Sfondo nero e testo bianco, in stile DOS.
«Sei una donna» si legge. «Ti trovi in un campo a ovest di una casa bianca, la cui porta d’ingresso è sprangata. Davanti c’è una piccola cassetta delle lettere».
Il cursore lampeggia. Fate il primo passo in questo nuovo mondo fantastico: digitate APRI POSTA e premete Invio.
MUORI PUTTANA DI MERDA, risponde il gioco.
Decisi a non farvi scoraggiare, provate di nuovo. APRI POSTA.
HO DETTO MUORI PUTTANA DI MERDA risponde il gioco, e appare una gif animata con la vostra faccia sul corpo di una pornostar.
Decidete di controllare cosa avete con voi e scrivete INVENTARIO.
HAI: TORCIA, FUNE, CULONE, TETTE CADENTI, ridacchia il gioco.
Provate qualcos’altro. Digitate VAI A NORD.
Il gioco riflette un attimo, quindi diffonde il vostro indirizzo di casa e il vostro numero di telefono, poi minaccia di uccidere voi e la vostra famiglia.
Ok. Basta così. ESCI DAL GIOCO, scrivete, con le dita che tremano: ESCI DAL GIOCO.
Ma il gioco non vi lascia uscire. E forse non ne uscirete mai.
Charlie Brooker, «Gamergate: the internet is the toughest game in town – if you’re playing as a woman», The Guardian, 20 ottobre 2014